Brassicacee: gestire le avversità

Le malattie che interessano le brassicacee sono numerose, soprattutto quelle causate dai funghi; conoscerle però può fare la differenza

da uvadatavoladmin
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Salutari, ricche di proprietà e sempre più apprezzate, le brassicacee o crucifere sono oggi diffuse in diverse parti del mondo. Tuttavia le malattie che interessano queste colture sono numerose e conoscerle può fare la differenza per prevenirle, grazie a una corretta gestione agronomica. A parlarne, nell’ultimo numero del magazine, Raffaele Carrieri – Dottore di ricerca in Agrobiologia e Agrochimica.

La famiglia delle Brassicaceae – note anche come crucifere, dalla forma del fiore a 4 petali che ricorda una croce – comprende circa 3.700 specie diffuse in tutti i continenti e in tutte le diverse zone climatiche, sebbene siano particolarmente presenti nei climi temperati dell’emisfero boreale, come il bacino del Mediterraneo, dove sono rappresentate da circa 260 generi.

La maggior parte delle brassicacee è costituita da piante annuali o biennali, molte delle quali sono importanti dal punto di vista economico e alimentare.

In questa famiglia, infatti, troviamo colza, rapa, ravanello, ravizzone, rucola, senape e soprattutto cavoli. Le più comuni brassicacee mangiate dall’uomo appartengono a un’unica specie, Brassica oleracea L., di cui si possono mangiare le foglie (es. cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo nero, cavoletti di Bruxelles) o le infiorescenze immature (es. broccoli, cime di rapa, cavolfiore). Le crucifere sono ricche di carotenoidi e flavonoidi (sostanze con forte azione antiossidante), fibra alimentare, vitamine (A, B1, B2, B3, B9, C, K) e minerali (calcio, ferro, fosforo e potassio). Le più coltivate in Italia sono cavoli, ravanello e rucola.

Le malattie che interessano le brassicacee sono numerose, soprattutto quelle causate dai funghi.

Tra i patogeni fungini principali c’è Hyaloperonospora parasitica, agente di peronospora. Si tratta di un oomicete che interessa molte piante ortive e le cui infezioni primarie sono causate dalle spore (organi di conservazione), che germinano nel terreno. Le spore sono diffuse dal vento, dalle piogge o dalle acque di irrigazione, mentre non è rilevante la diffusione per seme. I sintomi si manifestano sotto forma di piccole macchie tondeggianti e clorotiche, accompagnate sulla pagina inferiore dalla tipica muffa biancastra, che col tempo confluiscono tra loro e necrotizzano. Lo sviluppo della malattia è favorito da temperature di 10-15 °C in condizioni di elevata umidità. Per la prevenzione è molto importante favorire l’aerazione, controllare la bagnatura, evitare l’irrigazione per aspersione, ridurre la densità di impianto, distruggere i residui di vegetazione infetta e utilizzare prodotti specifici. 

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Tipica muffa biancastra sulla pagina inferiore di foglie di rucola causata da infezione di Hyaloperonospora parasitica.

Particolarmente aggressivo risulta Sclerotinia sclerotiorum – responsabile del marciume da Sclerotinia o marciume bianco – un ascomicete fortemente polifago che interessa moltissime specie e quasi tutte le brassicacee. Il ciclo del patogeno inizia con gli sclerozi (organi di conservazione) che possono sopravvivere nel terreno fino a 5 anni. In condizioni favorevoli (15-28 °C e umidità relativa elevata), gli sclerozi producono il micelio o l’apotecio contenente gli aschi con le ascospore. Queste infettano le piante dove, formandosi la tipica muffa cotonosa, si formeranno nuovi sclerozi. In particolare, su cavolfiore, il fungo può causare il marciume dell’infiorescenza, mentre il marciume degli steli su torzella (figu). La diffusione avviene tramite il trasporto di suolo, più raramente attraverso la contaminazione del seme o con l’acqua di irrigazione. Data la pericolosità del patogeno, è consigliabile applicare tecniche di prevenzione e contenimento quali uso di seme conciato, riduzione della densità di impianto, pulizia degli attrezzi e delle macchine agricole per impedire la diffusione, uso della pacciamatura, rotazioni di almeno 4 anni con piante non ospiti (es. orzo, grano), utilizzo di prodotti specifici. Per la coltivazione in serra, poi, si può ricorrere anche alla solarizzazione del suolo.

Brassicacaceae

Sclerotinia sclerotiorum, responsabile del marciume da Sclerotinia o marciume bianco

L’ernia del cavolo è causata dal fungo terricolo Plasmodiophora brassicae, che infetta moltissime crucifere e rappresenta un problema costante per le coltivazioni. L’insorgenza della malattia è favorita da temperature del terreno piuttosto elevate (tra 10 e 30 °C), elevata umidità, pH del terreno leggermente acido e abbondanza di potassio. Il fungo produce spore in grado di restare vitali nel terreno anche per più di 10 anni. Le piante infette tendono a ingiallire e ad avvizzire durante le ore più calde del giorno. Sulle radici è possibile osservare escrescenze nodose e biancastre simili a masse tumorali. Per prevenire la malattia è possibile ricorrere a diverse tecniche: correzione dell’acidità del terreno con l’uso di calcitazioni, ampie rotazioni colturali (4-6 anni), utilizzo di varietà resistenti e controllo di ristagni idrici.

Anche l’alternariosi è una malattia delle crucifere molto rilevante dal punto di vista economico e diffusa in tutto il mondo.

L’agente eziologico è Alternaria brassicicola, un fungo in grado di infettare le piante (soprattutto cavolo, cavolfiore e ravanello) durante tutti gli stadi di sviluppo. Il clima caldo-umido favorisce lo sviluppo della malattia e il fungo si conserva sul seme e sui residui delle piante infette sotto forma di micelio, che può mantenersi vitale fino a 6-7 anni. Il seme si contamina, in genere, durante le operazioni di sfalcio e/o trebbiatura e le spore (conidi) si diffondono a partire dai tessuti infetti grazie all’azione di vento e pioggia. I sintomi possono essere osservati su diverse parti della pianta: sulle foglie compaiono delle macchie più o meno circolari, nere nella parte centrale e più chiare (clorotiche) ai bordi. In caso di forte infezione, le foglie mostrano ingiallimento diffuso e tendono a marcire facilmente per poi sviluppare una muffa nerastra, costituita dagli organi di riproduzione agamica del fungo. Sulle infiorescenze e sulle silique è possibile osservare maculature nere puntiformi che tendono a confluire tra loro. Contro questa malattia, la difesa agronomica si basa su tecniche piuttosto comuni: uso di semi sani, ampie rotazioni colturali, irrigazione per manichetta o a goccia e non dall’alto, allontanamento delle piante infette, riduzione della densità di impianto e uso di prodotti fitosanitari alla comparsa dei primi sintomi.

avversità brassicacee

Conidi tipici di Alternaria sp. osservati al microscopio ottico

Proseguendo, il mal bianco (o oidio) delle crucifere è causato dal fungo Erysiphe cruciferarum.

La malattia, che può interessare tutte le parti epigee della pianta, è favorita da particolari condizioni ambientali, quali scarsa aerazione e clima caldo-umido. La sintomatologia è caratterizzata dalla comparsa di una efflorescenza biancastra polverulenta sulla pagina superiore delle foglie, ma anche su altri organi (fiori, germogli, silique, frutti in maturazione). La pianta si indebolisce e alla lunga è possibile osservare estese necrosi e spaccature sulle parti interessate. Le foglie possono accartocciarsi, mentre i frutti diventano molli e si spaccano. Il fungo si conserva attraverso il micelio che resta attaccato agli organi vegetali anche dopo la loro caduta, e si diffonde tramite i conidi trasportati dal vento. La difesa prevede irrigazione dall’alto per ridurre l’umidità, elevata circolazione dell’aria, rimozione delle parti infette e utilizzo di specifici prodotti. 

Per quanto riguarda Rhizoctonia solani, si tratta di un micete polifago responsabile del marciume delle piantine e della necrosi e strozzamento del colletto, nonché del marciume del corimbo nel cavolfiore.

L’insorgenza della malattia è favorita da condizioni di umidità sulla superficie della vegetazione e dipende molto dallo stato fisiologico delle piante, così come gli individui stressati risultano più suscettibili. R. solani si conserva tramite gli pseudosclerozi presenti nel terreno, nei residui delle piante infette e nelle numerose piante spontanee ospiti. Uno dei sintomi tipici è la strozzatura del colletto associata alla presenza di tacche necrotiche e lo scarso vigore vegetativo delle piante infette. Per la prevenzione è possibile adottare diverse strategie, tra cui è importante evitare ristagni idrici, effettuare rotazioni colturali con piante non ospiti, eliminare le piante malate, usare varietà resistenti, utilizzare agenti di biocontrollo (es. il fungo antagonista Trichoderma asperellum), applicare prodotti registrati.

Strozzatura del colletto con necrosi su cavolfiore causata da Rhizoctonia solani

Tra le malattie di origine batterica che interessano le brassicacee, vi è invece il marciume nero, causato dal batterio Gram-negativo Xanthomonas campestris.

La fitopatia è molto grave e diffusa, interessa le piante in tutti gli stadi di sviluppo ed è trasmessa principalmente per seme. Il batterio può sopravvivere 2-5 anni nei residui vegetali infetti; durante la coltivazione il patogeno può diffondersi tramite pioggia, macchinari/attrezzi contaminati e, probabilmente, insetti. Lo sviluppo della malattia è favorito da condizioni di elevate temperature (25-30 °C) e umidità. I sintomi compaiono già a livello dei cotiledoni sotto forma di annerimenti; nelle piante adulte si osservano macchie giallastre triangolari sul margine delle foglie e annerimento dei tessuti vascolari. L’infezione si diffonde al fusto e alle radici; le piante infette presentano sviluppo stentato e col tempo possono andare incontro a marcescenza. È importante utilizzare seme sano certificato, praticare ampie rotazioni colturali, eliminare la vegetazione infetta, aerare le serre, evitare le ferite, ridurre la densità di impianto e eseguire concimazioni equilibrate. 

In ultimo, va annoverato il marciume molle, causato da una serie di agenti patogeni tra cui il più rilevante è sicuramente Pectobacterium carotovora (precedentemente noto come Erwinia).

Questi batteri pectolitici infettano numerose specie vegetali e possono causare danni ingenti anche in post-raccolta. Si conservano nel terreno, nei residui vegetali infetti e sulle attrezzature contaminate. Penetrano nelle foglie e nei fusti attraverso le ferite; la presenza di acqua sulla superficie dell’ospite, la prolungata umidità e le temperature comprese tra 18 e 35 °C favoriscono le infezioni. I sintomi iniziali consistono in piccole macchie traslucide sulle foglie che si ingrandiscono rapidamente; i tessuti infetti (frutti, radici, tuberi, steli, gemme, foglie) tendono a disgregarsi e a formare poltiglie spesso maleodoranti. Per la prevenzione è fondamentale eliminare rapidamente i residui colturali infetti, utilizzare materiale sano certificato, ridurre la densità di impianto, evitare l’irrigazione per aspersione, evitare di causare ferite, impiegare prodotti per controllare gli insetti che si nutrono di foglie, effettuare rotazioni colturali con specie non ospiti (es. mais, cereali a paglia) ed effettuare la raccolta quando il clima è secco.

 

A cura di: Raffaele Carrieri – Dottore di ricerca in Agrobiologia e Agrochimica
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