Il carciofo, noto per le sue proprietà nutraceutiche e la sua versatilità culinaria, rappresenta un’eccellenza nel panorama del made in Italy. L’Italia, infatti, vanta una vasta gamma di varietà di carciofo che nel tempo ha contribuito a posizionare il Belpaese al primo posto tra i principali produttori mondiali di questo ortaggio, con una superficie di circa 38.000 ettari e una produzione di 367.000 tonnellate circa. Ma come si possono classificare le numerose varietà di carciofo presenti in Italia? E per quali caratteristiche si differenziano l’una dall’altra?
La ricchezza delle varietà di carciofo presente in Italia è frutto di secoli di selezione e adattamento ai differenti contesti climatici e geografici della penisola. Ricchezza che non solo testimonia l’abilità dei cinaricoltori italiani nel promuovere e preservare la biodiversità, ma rappresenta anche una risorsa importante per il comparto agricolo nazionale.
Classificare le numerose varietà di carciofo
Sono circa un centinaio le varietà di carciofo oggi coltivate in tutta Italia. Sulla base di analogie e differenze che caratterizzano le diverse cultivar è possibile classificarle seguendo diversi criteri.
In una prima analisi è possibile fare una distinzione tra varietà di carciofo spinose e inermi. Le prime hanno capolini con brattee che terminano con una spina più o meno robusta, le inermi, invece, hanno brattee prive di spine dette mutiche (non presentano estremità a punta) o mucronate (presentano estremità a punta). Una seconda classificazione può essere fatta sulla base del colore delle brattee che vanno a formare il capolino, separando le varietà di carciofo verdi da quelle violette. Infine, forse la più importante categorizzazione può essere fatta sulla base del ciclo fenologico che caratterizza le diverse varietà e che a sua volta determina il periodo di raccolta. Esistono infatti 2 grandi raggruppamenti di varietà di carciofo: unifere o primaverili e rifiorenti o autunnali.
- Le varietà unifere o primaverili sono considerate tardive e sono coltivate principalmente nelle aree costiere dell’Italia centro-settentrionale. Presentano capolini più grandi rispetto alle varietà rifiorenti e vengono raccolte da febbraio-marzo fino a maggio-giugno. Alcuni esempi includono il Romanesco, il Campagnano, il Violetto di Toscana e il Tondo di Paestum.
- Le varietà rifiorenti o autunnali sono più precoci e hanno un calendario di raccolta più ampio che va da settembre-ottobre per poi proseguire per tutto l’inverno – laddove le temperature lo consentono – e la primavera successiva, fino a maggio. Producono numerosi capolini di dimensioni medio-piccole, i carciofi ottenuti dalle prime raccolte possono essere destinati al consumo fresco, mentre i successivi, più piccoli, derivanti dalle ramificazioni secondarie sono perfetti da destinare all’industria di trasformazione. Alcuni esempi varietali sono il Catanese, il Violetto di Provenza e lo Spinoso sardo.
La coltivazione del carciofo è diffusa in tutta Italia, ma è concentrata principalmente nel Sud, in particolare in Sicilia, Puglia e Sardegna che rappresentano quasi l’85% della produzione nazionale. Le varietà rifiorenti sono predominanti in queste regioni, sfruttando le condizioni climatiche favorevoli per una produzione estesa durante tutto l’inverno.
Il vasto panorama varietale presente in Italia comprende delle cultivar che a loro volta hanno una diffusione territoriale limitata e che per questo si caratterizzano per produzioni locali fortemente legate al territorio. Questo ha portato alla possibilità di valorizzare le produzioni di alcune zone con marchi DOP e IGP: in Puglia è presente il Carciofo Brindisino IGP, in Sardegna il Carciofo Spinoso di Sardegna DOP, nel Lazio il Carciofo Romanesco del Lazio IGP e in Campania il Carciofo di Peastum IGP.
Negli ultimi anni, le varietà ibride hanno arricchito ulteriormente il panorama cinaricolo italiano, presentando produzioni caratterizzate da elevate rese e ottima qualità dei capolini, insieme a caratteristiche di tolleranza e resistenza nei confronti delle principali avversità biotiche della coltura.
In conclusione, il ricco panorama varietale dei carciofi in Italia rappresenta una risorsa preziosa che testimonia la biodiversità e l’abilità agricola del Paese. Tuttavia, per preservare e arricchire questa ricchezza, è fondamentale proseguire con i lavori di ricerca e sviluppo per introdurre nuove varietà e migliorare quelle esistenti. Solo attraverso un impegno costante sarà possibile garantire una produzione sostenibile e adatta alle sfide future, assicurando al contempo la continuità di un comparto che all’interno del settore agricolo italiano rappresenta ormai una tradizione radicata.
Donato Liberto
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