Xylella: quali genotipi per l’olivicoltura del domani

L'agronomo Giovanni Melcarne descrive i risultati di ricerche condotte su piante di olivo per l’individuazione di genotipi resistenti a Xylella fastidiosa

da uvadatavoladmin
Xylella - Olivicoltura - Melcarne - Ricerca - Genotipi

Durante il suo intervento al 33° Forum di Medicina Vegetale, Giovanni Melcarne, agronomo e imprenditore nel settore olivicolo – oleario, ha descritto i risultati di ricerche condotte su piante di olivo per l’individuazione di genotipi resistenti a Xylella fastidiosa.

Da circa otto anni l’agronomo è attivo nella lotta alla Xylella in Salento tanto che attualmente la sua azienda finanzia progetti in corso con l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (IPSP) del CNR di Bari per la ricerca di piante resistenti, sia spontanee, sia ottenute dal miglioramento genetico.

Quali sono i risultati raggiunti finora?
“È prematuro parlare di risultati – spiega Melcarne – ma stiamo restringendo il cerchio su alcuni genotipi. Pensiamo che nell’arco di un anno, un anno e mezzo al massimo, potremmo individuare genotipi molto più interessanti rispetto a Leccino e Fs-17, che rappresentano attualmente le due piante resistenti. E nell’arco di 7-8 anni speriamo di poter registrare almeno 7 nuovi genotipi resistenti a Xylella fastidiosa”.
La discriminante per l’individuazione di nuovi genotipi, secondo l’imprenditore, è anzitutto la produttività.

“All’interno di genotipi interessanti da un punto di vista produttivo e qualitativo – racconta – valutiamo la loro resistenza a Xylella”.

Quanto è stato difficile lavorare con la scienza in questi anni?
“Il popolo italiano, spesso, rema contro la scienza. Questo è dovuto probabilmente a lotte interne nell’ambito della ricerca” – afferma Melcarne. “Molte volte gruppi di ricercatori si ostacolano tra loro. Per quanto mi riguarda, da imprenditore e persona di buon senso, ho scelto di avvicinarmi al CNR perché ritengo sia l’Istituto più adatto, e non solo in virtù delle pubblicazioni scientifiche”.

C’è speranza per l’olivicoltura salentina e, più in generale, per l’olivicoltura pugliese?
“Assolutamente sì, anche se siamo ancora indietro. Ci vorranno forse 50-60 anni per poter vedere il territorio rifiorire – conclude Melcarne – ma gli studi condotti in questi anni si renderanno utili non solo per l’olivicoltura pugliese, ma per l’intero comparto olivicolo a livello mondiale”.

A cura di Tiziana Anelli
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