Ficheti dalle buone potenzialità

Di origine pugliese sono i titolari dell'OP Fratelli Ancona, una delle prime aziende a investire in ficheti, quando il fico era per la maggior parte “specie minore”

da Redazione FruitJournal.com

Una delle prime aziende che ha investito sui ficheti, dalla maggioranza considerato “specie minore”, è l’OP Fratelli Ancona, il cui impianto si estende per circa 20 ettari nell’agro di Policoro (MT). Buona parte del corpo aziendale è situato in territorio lucano, ma i fratelli Ancona hanno origini pugliesi.

La storia dell’azienda nasce infatti proprio in terra di Puglia, tra le contrade di Monopoli, territorio vocato alla coltivazione di ortaggi. Con il trasferimento nel metapontino, la famiglia Ancona ha cercato di conservare quel serbatoio di sapere e saper fare inerente la coltivazione delle orticole e, per garantire una presenza continuativa sul mercato con i propri prodotti, ha deciso di affiancare agli ortaggi la produzione di frutta. Giovanni Ancona, uno dei fratelli, spiega a Fruit Journal: “Nel metapontino c’era qualcosa che mancava nel territorio monopolitano: disponibilità di acqua, clima mite e terreni fertili, condizioni ottimali per la coltivazione di alberi da frutto.

A cavallo tra il 1962 e il 1963 mio padre (Antonio Vito Ancona, n.d.r.) ha impiantato qui in Basilicata il primo pescheto e successivamente le prime nettarine. Si può dire che per l’epoca abbiamo fatto delle scelte avveniristiche. In quegli anni, infatti, realizzammo anche i primi impianti di fragole”. Ad oggi l’azienda si estende su circa 300 ettari dedicati completamente alla frutticoltura, producendo fragole, pesche, albicocche, susine e ficheti, mentre gli ortaggi vengono coltivati su terreni in fitto.

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Il primo impianto di fico

Il primo impianto intensivo di fico fu realizzato nel territorio di Monopoli, grazie alla lungimiranza di papà Antonio. Già all’epoca l’azienda riceveva il consenso dei mercati che apprezzavano la produzione di fioroni, limitata tuttavia ad un periodo di circa 20 giorni. Per tali motivi il padre con i suoi figli, Giovanni, Mario e Onofrio Ancona, cominciarono a ricercare ed individuare diversi ecotipi locali per la realizzazione di ficheti. Il Sig. Giovanni ricorda: “Disponevamo di un campo prova dove ospitavamo circa 60 varietà di fichi e fioroni.

La selezione è stata effettuata da noi personalmente. Già allora individuammo alcune varietà che sono diventate il nostro riferimento e che produciamo ancora oggi. Mio padre, da buon cacciatore, cacciava un po’ di tutto, anche le idee. Un guardacaccia, in agro di Mariotto (frazione di Bitonto, Bari), gli fece notare una pianta di fico molto interessante che mio padre seguì per due anni. Da quella pianta abbiamo prelevato del materiale di propagazione con cui abbiamo realizzato il primo impianto.

In seguito da Monopoli abbiamo trasferito la produzione in Basilicata, aggiungendo come varietà di fico il Dottato ed in seguito il Rosa di Pisticci. Per quanto riguarda i fioroni invece abbiamo impiantato la varietà nera Domenico Tauro”.

Ficheto dell’az. agricola Ancona in agro di Policoro (MT).

Impianto ed operazioni colturali: il sesto di impianto utilizzato in azienda per la produzioni di varietà di fichi è di 6×4 m e di 8×4 m per le varietà di fioroni.

Il materiale di propagazione per la realizzazione di nuovi ficheti viene ottenuto all’interno della stessa azienda.

Le piante vengono allevate nei primi anni attraverso l’ausilio di tutori al fine di ottenere un vaso basso e aperto che non superi i 3 metri di altezza. La prima produzione si ottiene generalmente al 4-5° anno, mentre per la piena produzione è necessario attendere il 7°-8° anno.

Per quando riguarda la gestione del suolo dei ficheti, l’azienda ha optato per l’inerbimento permanente con essenze spontanee mentre l’irrigazione viene realizzata con impianto a goccia: “L’ apparato radicale del fico è molto superficiale e risente notevolmente degli stress idrici; l’ideale sarebbe adottare la subirrigazione. In merito agli apporti idrici, ogni stagione è diversa dall’altra. Quest’anno abbiamo irrigato tanto e superato i 1000 metri cubi di acqua, ma il frutto aveva un peso di massimo 30 grammi. “Quello che pesa maggiormente sui costi di produzione è la raccolta. Un operaio non può raccogliere più di 80 kg di fichi nelle 7 ore lavorative. Inoltre bisogna tenere ben presente che essendo il fico un frutto molto delicato, è necessario valutare attentamente la giusta epoca di raccolta”. “C’è anche un elemento – spiega Giovanni – che rende la raccolta particolarmente problematica: la pianta secerne sostanze, contenute nel lattice ma non solo, che provocano allergie e reazioni cutanee nonostante le protezioni utilizzate dagli operatori.

Ciò rende molto difficile svolgere questa operazione e trovare del personale disposto a lavorare nei ficheti. Proprio per sopperire a questo problema siamo perennemente in contatto con medici e dermatologi. Si tratta sicuramente del disagio peggiore. Inoltre, nonostante la raccolta cominci dall’alba protraendosi sino alle 12:00 circa, il caldo, specialmente quest’anno, rende tutto più difficile”. “Per i fichi – continua – c’è bisogno della caprificazione, una pratica indispensabile e antichissima. Per questo inseriamo piante di caprifico, una ogni 8 piante della varietà coltivata, disponendole a scacchiera. In alcune stagioni tuttavia il numero delle piante di caprifico presenti nell’impianto non è sufficiente, tant’è che dopo un accenno di ingrossamento, i frutti del fico cascolano. Se la Blastophaga psenes non riesce ad introdursi nel fico, il frutto non cresce.

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La raccolta dei fioroni nel metapontino parte dal 20 giugno e si prolunga sino alla prima decade di luglio. Per il fico Dottato, invece, si comincia a raccogliere nei primi giorni di agosto. “Un ficheto produce circa 100 quintali/ettaro, considerando che la pezzatura media del fico italiano dovrebbe essere pari a circa 70 grammi.

Nelle annate favorevoli si riesce ad ottenere anche una produzione di fichi dalla varietà Domenico Tauro”. Realizzare e gestire un impianto di fico è sicuramente un impegno molto gravoso. Tante sono infatti le variabili da considerare nei ficheti. Una tra tutte è la brevissima shelf-life del prodotto. Il frutto, se raccolto in base ai gusti del consumatore mediterraneo, ha una conservabilità massima di 24-36 ore.

Raccogliendolo al 70% di maturazione, si riesce ad ottenere una shelf-life di 4-5 giorni, garantendo comunque un contenuto zuccherino di 19-20 °Brix. Tendenzialmente la conservabilità del fiorone è inferiore rispetto al fico.

“Bisogna inoltre considerare il mercato di riferimento: la nostra azienda conferisce il prodotto in Germania, Belgio, Francia, Svizzera, Austria e Italia, dove in particolare lavoriamo con la Coop di Firenze. Gestire la logistica di questo frutto è un’operazione difficile e delicata; quello che riusciamo a fare adesso è il risultato di 40 anni di esperienza nel settore.

Fico e fiorone hanno bisogno di essere lavorati e confezionati in giornata. Questo perché, con le temperature che si raggiungono in estate, la maturazione del prodotto procede molto velocemente.

Per cercare di sopperire a questo problema abbiamo pensato di realizzare in azienda un tunnel di raffreddamento. L’idea è portare la temperatura dai 30-35 °C, che normalmente si raggiungono nel periodo estivo, ai 10-11°C per rallentare i processi di maturazione del frutto”. “Le difficoltà – continua Ancona – aumentano considerando anche il luogo dove sorgono i ficheti: nel metapontino non è semplice organizzare la logistica e le infrastrutture carenti non aiutano ad operare con velocità.

Per questo abbiamo sviluppato ottimi rapporti con altri produttori locali: a seconda del tipo di prodotto, del mercato da raggiungere e delle quantità da trasportare, lo spazio su un Tir viene suddiviso al fine di soddisfare le esigenze di più aziende”.

Gestione delle avversità

La gestione delle avversità rappresenta un tasto dolente per i produttori di fico e fiorone. Giovanni Ancona spiega: “Purtroppo per il fico, considerato una specie frutticola minore, sono registrati pochissimi prodotti fitosanitari.

Questo rappresenta per la nostra azienda un problema enorme, specialmente per quanto riguarda la mosca della frutta ed in maniera maggiore la cocciniglia del fico che, compiendo fino a 7 generazioni/anno, compromette la vigoria della pianta e danneggia l’aspetto estetico dei frutti, con una abbondante produzione di fumaggine.

Attualmente provvediamo all’eliminazione della cocciniglia con operazioni meccaniche (spazzole) o con l’utilizzo di olio bianco, operazioni che tamponano il problema ma che non sono sufficienti. Grazie alla predisposizione di trappole, invece, riusciamo a monitorare la mosca della frutta. Infine, ma non per ultimo, riscontriamo il problema della ruggine sulle foglie.

Chiediamo quindi ai tecnici di aiutarci nel fare pressione e comunicare alle società produttrici di agrofarmaci tali esigenze, affinché possano offrire anche a noi delle sostanze attive utilizzabili per il controllo di tali avversità”.

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Chioma della pianta con una omogenea ed armoniosa distribuzione dei rami produttivi.

Nuovi progetti

Per i fratelli Ancona la voglia di innovare e di essere al passo con i tempi non dipende solo dal tipo di coltura da impiantare o dalla varietà. Il passo successivo per l’azienda è stato infatti la realizzazione di un piccolo laboratorio per la lavorazione e la trasformazione in loco della produzione. “L’obiettivo è quello di ottenere marmellate, composte, sciroppi, ecc. In quest’ottica è stato impiantato anche del melo cotogno per la realizzazione di confetture.

Abbiamo deciso di utilizzare per il laboratorio e per i prodotti che realizziamo il marchio ‘Terra Vecchia’, dal nome della contrada in cui l’azienda è ubicata. Con la trasformazione speriamo di dare nuova vita a tutti quei frutti che vengono raccolti troppo tardi per il mercato del fresco, ma che sono ottimi dal punto di vista organolettico”.

 

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