Acquaponica: la coltivazione sostenibile per natura

Seppur ancora di nicchia, il modello combina l'allevamento ittico alla coltivazione fuori suolo, creando un sistema circolare con un occhio di riguardo al risparmio idrico

da uvadatavoladmin
acquaponica

Dal risparmio idrico alla riduzione del consumo di suolo, fino all’eliminazione di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi; queste sono da tempo le richieste contenente nel Green Deal europeoNei prossimi anni, il settore primario dovrà fare i conti con queste e numerose altre sfide da affrontare con sistemi innovativi o quasi, tra cui l’acquaponica. Un modello totalmente sostenibile e circolare che sta cominciando a prendere forma – seppur con difficoltà – anche in Italia, Paese che detiene il primato del più vasto impianto acquaponico d’Europa, The Circle, della grandezza di 5mila metri quadrati.

L’acquaponica, come si intuisce dalla parola stessa, mette insieme due pratiche più o meno diffuse, l’acquacoltura e l’idroponica, l’allevamento di animali acquatici in un ambiente chiuso e continuo alla coltivazione di piante fuori suolo.

Seppur dispendioso dal punto di vista dei costi per l’elettricità e l’installazione, potrebbe rivelarsi come un’alternativa valida per coltivare su terreni non fertili come deserti e suoli degradati, anche in previsione di un futuro agricolo in balia degli effetti delle condizioni climatiche avverse. Per il momento, con questa tecnica, si coltivano erbe aromatiche e ortaggi a foglia, ma nei prossimi anni si potrebbe estendere anche a ortaggi, come zucchine e melanzane

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ll funzionamento del sistema circolare ad acquaponica

Anche se molto dipende dalle specie animali allevate (molto spesso carpe koi o tilapie) e dalle colture, tutti i sistemi acquaponici presentano delle caratteristiche ben definite: acqua come protagonista e il ciclo dell’ozono come componente principale. All’interno della vasca di allevamento dei pesci si formano i prodotti di scarto dell’alimentazione e della respirazione sotto forma di ammoniaca e scarti organici. L’acqua, arricchita in questo modo dai pesci, circola nei letti di crescita, nei quali sono presenti specie batteriche utili a trasformare i materiali di scarto prima in nitrito e poi in nitrato, un fertilizzante organico essenziale per le piante. Viene così assorbita in parte dalle radici, mentre la restante viene rimessa in circola nella vasca di allevamento dei pesci. 

Esistono tre tecniche principali in acquaponica: media filled beds, deep water culture e nutrient film technique, differenziate le une dalle altre per il metodo di coltivazione delle piante. Nel primo caso, i letti di coltura sono riempiti con materiale inerte (ghiaia o argilla espansa) utile a fornire sostegno alle coltivazioni. La seconda tecnica, che è quella più utilizzata, invece, non sfrutta il materiale inerte; le piante sono poste direttamente sulla superficie dell’acqua all’interno del letto di coltura. Infine, nell’ultimo metodo – che poi è quello più innovativo – la coltivazione delle piante avviene con l’ausilio di canalette, grondaie o tubi forati. All’interno di queste ultime sono inseriti piccoli vasetti con all’interno materiale inerte. Le radici, in quest’ultimo caso, sono sempre a contatto con un flebile flusso di acqua. 

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I tre metodi di coltivazione delle piante nel modello acquaponico

Il metodo, che oggi ci pare ingegneristico, era già conosciuto – seppur non in questi termini – già nelle popolazioni del passato.

A partire dai Babilonesi, che utilizzavano l’acqua del fiume Eufrate per irrigare i loro famosi giardini pensili. Gli Aztechi avevano ideato piccole aree rettangolari di terre fertili puntellate sul fondo di un lago che usavano sia per la coltivazione sia per la pesca. Il recupero moderno del modello acquaponico è avvenuto, invece, soltanto negli anni ‘70, dapprima in Europa e poi negli Stati Uniti, con l’avvio dei primi dibattiti internazionali sul rischio dell’esaurimento delle risorse naturali e sullo sfruttamento dei terreni.

In un mondo sempre più green e sostenibile l’acquaponica cerca di risolvere due problemi che potrebbero affliggere la popolazione mondiale nei prossimi anni: la scarsità di risorse alimentari, in questo caso ittiche, e il consumo di suolo.

Un sistema innovativo sicuramente non esente da difetti, compensati a loro volta da numerosi pregi. Tra gli inconvenienti più grandi c’è il fattore dei costi elevati per l’implementazione dell’impianto, oltre ad un accesso affidabile all’energia elettrica. Sull’altro versante, però, gli impianti acquaponici sono per loro stessa natura sostenibili e invulnerabili alle conseguenze negative del cambiamento climatico sull’intero ciclo di produzione. Inoltre, permettono di coltivare piante senza fertilizzanti di sintesi e fitofarmaci, consentono di ridurre il consumo idrico e di controllare le emissioni di CO₂, in quanto non si utilizzano i mezzi agricoli inquinanti per le lavorazioni. 

Silvio Detoma
© fruitjournal.com

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