Integrare acidi umici all’interno del suolo influisce positivamente sulla crescita, sulla resa e sulla qualità dei broccoli coltivati in terreni argillosi, riducendo da una parte il consumo di acqua e dall’altra ovviando alle conseguenze da stress idrico nelle piante. Questo, in estrema sintesi, è il risultato della ricerca scientifica di Ehab A. Ibrahim, Noura E. S. Ebrahim e Gehan Z. Mohamed, pubblicata lo scorso febbraio sulla rivista Nature. I ricercatori egiziani, nel corso della ricerca hanno applicato al suolo l’umato di potassio, un sale solubile ottenuto dalla combinazione di acidi umici con il potassio, dimostrando come una quantità massima di 9,6 kg per ettaro può avere un impatto significativo sulle piante di broccoli coltivate attraverso tecniche di irrigazione regolari o deficitarie.
Lo stress idrico, provocato da lunghi periodi di siccità, è il responsabile di perdite significative sulla resa e sulla qualità delle produzioni.
Non è un caso quindi che da tempo, nel settore agricolo, si stanno cercando strategie sostenibili con l’obiettivo di aumentare l’efficienza nell’utilizzo dell’acqua, come appunto l’applicazione di acidi umici. La pianta del broccolo, avendo un apparato radicale poco profondo, necessita di una corretta gestione dell’irrigazione per non andare incontro da una parte a problemi di asfissia radicale e dall’altra di carenza idrica. Oltre alla gestione dell’irrigazione, un elemento cruciale per migliorare la capacità del terreno di trattenere l’acqua e fornire nutrienti alle piante è la sostanza organica. All’interno della componente organica del suolo è possibile distinguere la presenza di acidi umici e fulvici, i primi migliorano la struttura del suolo, trattenendo acqua e nutrienti, mentre i secondi facilitano l’assorbimento di nutrienti.
Lo studio rivela che una certa quantità di acido umico può rivelarsi un ottimo alleato nelle colture sottoposte a stress idrico, in aree aride o semiaride.
I ricercatori hanno condotto due esperimenti sulle produzioni di broccolo varietà Montop F1 durante la stagione produttiva del 2021 e del 2022, su terreno argilloso. Nel primo hanno eseguito un tipo di irrigazione regolare, nel secondo un’irrigazione limitata, sottoponendo le colture a stress idrico. Lo studio è stato effettuato nel centro di ricerca vegetale Qaha nel governatorato di Qalubia, in Egitto. Obiettivo della ricerca è stato quello di verificare in che modo l’applicazione di tre diverse quantità di umato di potassio (0 – 4,8 e 9,6 kg/ha) possa contribuire alla crescita delle piante, oltre che alla resa e alla qualità delle diverse produzioni.
Entrando nel dettaglio, la ricerca ha preso in considerazione le concentrazioni di azoto (N), fosforo (P) e potassio (K) e il contenuto di clorofilla e prolina nelle foglie, le caratteristiche qualitative dell’infiorescenza, per poi passare alla resa produttiva e all’utilizzo dell’acqua.
È stato verificato che al pari del metodo di irrigazione, normale o deficitario, l’acido umico ha aumentato la concentrazione dei tre nutrienti fondamentali nelle foglie. I valori massimi sono stati osservati, infatti, nel campo in cui era stata applicata la quantità più alta di acido umico con irrigazione normale, mentre i valori più bassi nelle piante sottoposte a stress idrico senza la componente biostimolante nel terreno. L’umato di potassio ha contribuito inoltre, in entrambi i regimi irrigui, ad aumentare il contenuto di clorofilla e diminuire il contenuto di prolina fogliare, amminoacido che solitamente si presenta in quantità più elevate quando la pianta si trova in condizioni di stress.
Le infiorescenze (principali e secondarie) hanno registrato un peso più elevato negli areali in cui era presente l’acido umico, condizionando in positivo le rese produttive. Infine, dal punto di vista idrico, l’applicazione con dosi più alte di acido umico al suolo ha contribuito a ridurre sensibilmente, nelle due stagioni di sperimentazione in campo, l’utilizzo dell’acqua. Il biostimolante, infatti, ha contribuito ad aumentare il rapporto tra la produzione di biomassa e la quantità di acqua evapotraspirata.
I fattori ambientali estremi, sempre più presenti negli ultimi anni a causa del cambiamento climatico, rappresentano una sfida per il settore primario e lo studio in questione ne è un esempio.
Lo stress idrico, in particolare, sta diventando un problema importante soprattutto per gli areali di coltivazione presenti in zone climatiche aride o semiaride. Tutto questo si sta traducendo spesso in perdite di resa e qualità delle produzioni. Sull’utilizzo dell’acido umico, però, serviranno ulteriori studi in areali di produzione differenti per dimostrare, senza ombra di dubbio, in quale percentuale quest’ultimo possa diventare uno strumento utile per migliorare le prestazioni delle colture e i parametri qualitativi del terreno.
Silvio Detoma
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