Conosciuto per la sua elevata tolleranza alla siccità, anche l’olivo sta affrontando nuove sfide legate all’incremento delle temperature e alla riduzione delle risorse idriche. Sebbene questa pianta sia in grado di attivare efficaci meccanismi di difesa in condizioni di stress idrico, l’impatto prolungato della carenza d’acqua può compromettere la sua capacità produttiva e la qualità dell’olio prodotto. Quali sono le risposte fisiologiche dell’olivo a tali condizioni e quali strategie stanno implementando gli olivicoltori per mitigare i danni?
Stress idrico e la risposta dell’olivo: i meccanismi di difesa
Quando l’olivo affronta condizioni di carenza idrica, attiva diversi meccanismi di difesa, tra cui la produzione di soluti come prolina e mannitolo, che aumentano il potenziale osmotico delle cellule, facilitando l’assorbimento dell’acqua attraverso le radici. La capacità di resistere a periodi di siccità è il risultato di adattamenti evolutivi. L’apparato radicale, prevalentemente superficiale, in situazioni di stress idrico è capace di espandersi maggiormente anche in profondità, intensificando l’attività di assorbimento e garantendo così il giusto apporto idrico alla pianta.
Oltre al sistema radicale, anche la chioma dell’olivo si è adattata per far fronte a periodi di stress termico e idrico. Gli stomi, situati sulle foglie e protetti da tricomi, rimangono parzialmente aperti anche in caso di importante deficit idrico. Questa chiusura parziale degli stomi permette alla pianta di mantenere una certa attività fotosintetica e di regolare la temperatura della chioma, evitando surriscaldamenti che potrebbero compromettere ulteriormente la sua salute. Grazie a questi adattamenti morfologici e fisiologici, come la presenza di tricomi e la regolazione degli stomi, la pianta riesce a gestire lo stress termico, estrarre acqua anche da terreni con bassi contenuti idrici e proseguire l’attività vitale anche in condizioni difficili.
Ma quali sono le conseguenze subite dall’olivo?
Sebbene i sintomi dello stress idrico non siano immediatamente visibili, le conseguenze sulla pianta possono essere abbastanza rilevanti. Il primo segnale è la filloptosi, ovvero la caduta prematura delle foglie, accompagnata dall’ingiallimento. La pianta riduce progressivamente la sua attività fotosintetica, portando la vegetazione a senescenza precoce. Questo influisce negativamente sul ciclo vitale dell’olivo, causando una produzione ridotta e frutti di dimensioni inferiori. Il calo della fotosintesi riduce anche la quantità di polifenoli, sostanze antiossidanti fondamentali per le proprietà organolettiche e salutari dell’olio, con un impatto diretto sulla qualità e sulla resa produttiva.
Le buone pratiche agronomiche per contrastare lo stress idrico
La crescente scarsità di risorse idriche impone agli olivicoltori l’adozione di tecniche agronomiche che possano massimizzare l’efficienza dell’acqua disponibile. In particolare, una gestione ottimale del terreno e della chioma può fare la differenza nel ridurre la perdita d’acqua e nel migliorare la capacità dell’olivo di sopravvivere in condizioni di stress idrico.
Tra le tecniche agronomiche più diffuse, la lavorazione superficiale del terreno si dimostra efficace per ridurre l’evaporazione dell’acqua dal suolo. Questo metodo crea una sorta di “barriera fisica” che limita la risalita dell’acqua dagli strati più profondi verso la superficie, dove verrebbe facilmente persa per evaporazione. Un altro intervento che può fare la differenza riguarda l’eliminazione della vegetazione spontanea intorno agli alberi, che altrimenti competerebbe con l’olivo per l’assorbimento di acqua e nutrienti.
La potatura, una delle principali pratiche agronomiche effettuate sulle colture arboree, tra le tante funzionalità gioca un ruolo fondamentale per la gestione dell’acqua nell’oliveto. Un intervento eccessivamente energico, effettuato troppo precocemente, può stimolare una crescita vegetativa eccessiva, aumentando il fabbisogno idrico della pianta. In queste circostanze, l’olivo risulterebbe più vulnerabile a condizioni di stress idrico a causa di una chioma più densa e vigorosa che implicherebbe una maggiore superficie traspirante. Al contrario, una potatura mirata ed effettuata nei giusti tempi può contribuire a mantenere un equilibrio ottimale tra l’apparato radicale e la chioma, migliorando anche l’aerazione e la luce all’interno di essa.
Se pur non sempre possibile, l’irrigazione risulta essere una pratica essenziale per garantire la sopravvivenza delle piante. Un limite importante nell’approcciarsi all’emergenza idrica delle piante con questa tecnica è la mancanza di bacini di approvvigionamento e la scarsità di impianti di irrigazione. Inoltre, gli olivicoltori devono concentrare questa operazione in alcuni periodi chiave dell’anno, come la fioritura, da aprile a luglio, e la crescita dei frutti, da agosto a settembre, per supportare adeguatamente l’olivo.
Una sfida per il futuro
La vera sfida per gli olivicoltori è trovare il giusto equilibrio tra l’uso consapevole delle risorse idriche e la crescente domanda di olio di alta qualità. Con il cambiamento climatico che spinge la produzione di olio verso nuove aree produttive, la sua permanenza nelle zone tradizionali è messa a rischio. Adottare tecniche agronomiche sostenibili sarà cruciale per preservare la produzione olivicola, oltre che il patrimonio culturale e agricolo che questa pianta rappresenta per il bacino mediterraneo.
Federica Del Vecchio
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