Da una parte le criticità registrate da Nord a Sud durante le prime settimane della raccolta del pomodoro da industria, dall’altra l’accordo, stipulato lo scorso 31 luglio, tra Coldiretti, Filiera Italia e ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali) per la valorizzazione e la tutela dell’intera filiera italiana del pomodoro da industria. Una situazione in chiaroscuro per i coltivatori e i produttori dell’oro rosso, simbolo dell’agroalimentare italiano.
Siccità prolungata al Sud e effetti del maltempo al Nord hanno condizionato la crescita delle piante e delle bacche del pomodoro da industria, così come da settimane anche la raccolta.
Coldiretti ha fatto un bilancio iniziale all’avvio della raccolta del pomodoro da industria tra Puglia ed Emilia-Romagna, segnalando proprio questa netta divisione tra gli areali di produzione meridionali e settentrionali. Partendo dalla Puglia, a fronte di un leggero aumento del 5% delle superfici coltivate è già previsto un calo produttivo (al momento trascurabile) che potrebbe aumentare nelle prossime settimane a causa delle conseguenze della siccità. La paura per gli agricoltori della Capitanata, infatti, è quella di una chiusura – intorno a Ferragosto – della diga di Occhito, il più grande invaso artificiale della Puglia, proprio a causa della mancanza da mesi delle piogge.
L’invaso al momento, stando ai dati diffusi dal Consorzio per la Bonifica della Capitanata, ha una capienza pari a poco più di 63 milioni di metri cubi, un valore vicino al livello di laminazione (43 milioni di metri cubi) e al volume morto. Una situazione che – come ha scritto Coldiretti – preoccupa proprio perché nel Foggiano si coltiva il 19% dell’intera produzione nazionale e gli investimenti portati avanti fino ad ora potrebbero risultare vani in caso di mancanza di acqua irrigua. Il dato è ancora più chiaro, a livello locale, se si pensa che dei 19mila ettari coltivati in Puglia, l’87% sono presenti proprio in provincia di Foggia.
Situazione nettamente inversa invece in Emilia-Romagna
In questo caso è il maltempo la causa scatenante, con la pioggia e la grandine che hanno colpito gli areali produttivi nelle scorse settimane. Inoltre – come ha sottolineato Coldiretti – nel Piacentino gli agricoltori stanno ancora facendo i conti con gli attacchi del ragnetto rosso. In Lombardia, sempre a causa del maltempo, i trapianti delle piantine sono stati effettuati in ritardo di oltre un mese. L’associazione di categoria ha stimato per il Nord un calo di produzione per i pomodori da industria, che si presenterà più marcato in particolare per i primi trapianti.
L’accordo di filiera si inserisce proprio in questo contesto complicato, con l’obiettivo di valorizzare e tutelare l’intero comparto.
Dalla sostenibilità ambientale alla tracciabilità e trasparenza, passando per l’immancabile richiamo al Made in Italy, senza tralasciare le nuove tecniche di evoluzione assistita per garantire la produttività, questi e altri sono gli obiettivi del patto d’intesa. L’importanza della filiera italiana del pomodoro da industria per l’agroalimentare è ampiamente dimostrata dalle statistiche. Non è solo rilevante in termini di fatturato (si stima un indotto di oltre 5 miliardi di euro nel 2023), ma anche in termini di quantità prodotte (5,4 milioni di tonnellate nel 2023). Inoltre, non bisogna dimenticare l’export. Le produzioni italiane, per il 60%, vengono esportate all’estero generando un giro d’affari pari a circa 3 miliardi di euro. Le imprese agricole che operano nella filiera sono circa 7mila, per una superficie coltivata che si estende per circa 70mila ettari.
Per il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, l’accordo è nato per promuovere un modello di filiera che sia più equo e più trasparente. “Chiediamo all’Europa un passo in avanti sull’origine in etichetta e di applicare il principio di reciprocità – ha dichiarato Pradini – combattendo lo sfruttamento ovunque in Italia”. Un documento che si inserisce in un quadro di alleanze tra parte agricola e industria – così lo ha definito invece il presidente di ANICA, Marco Serafini. L’impegno alla base dell’accordo, secondo l’amministratore delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, rimarrà quello di incentivare contratti a lungo termine, in cui tutte le parti saranno impegnate nell’ottica di generare il massimo valore aggiunto.
Quali sono gli obiettivi dell’accordo?
In primis, la promozione della sostenibilità ambientale ed etico-sociale lungo tutta la filiera favorendo azioni a tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. A seguire, la tracciabilità e la trasparenza sull’origine delle materie prime, garantendo ai consumatori informazioni chiare e affidabili sull’origine dei prodotti. Tra gli obiettivi, inoltre, nel solco del supporto alla filiera del pomodoro da industria, c’è il sostegno al riconoscimento del marchio IGP per il “pomodoro pelato di Napoli” e al marchio DOP per il “pomodoro di Puglia“.
Tra gli ultimi punti previsti dall’accordo non può mancare l’innovazione tecnologica, tramite l’applicazione e l’adozione delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), per migliorare la produttività delle coltivazioni. Infine, non può mancare anche un invito rivolto all’Unione Europea di applicare il principio di reciprocità garantendo che tutti i Paesi al di fuori dell’UE rispettino le regole commerciali e i requisiti ambientali e sociali.
Tra luce e ombre la stagione della raccolta dei pomodori da industria ha preso il via. Le incognite, però, restano molto alte. La boccata d’ossigeno potrebbe arrivare proprio da questo accordo di filiera, a livello di associazioni di categoria anche se, almeno per quest’estate, si dovrà fare i conti con dei cali produttivi.
Silvio Detoma
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