“Non toglieteci il futuro”: recita così uno dei tanti cartelli portati ieri in piazza Santi Apostoli, a Roma, in occasione della mobilitazione promossa dalla Cia nazionale contro la crisi preoccupante che sta interessando il settore. Sicilia, Puglia, Campania, Abruzzo, Molise, Toscana, Umbria e il nord Italia: in oltre 2mila sono arrivati da tutta Italia nelle vie del centro della Capitale, con cartelli e bandiere verdi, per protestare contro una crisi che, dal campo alla tavola, sta portando i prezzi alle stelle e rendendo gli agricoltori più poveri.
La richiesta? Rimettere al centro l’impresa agricola e il suo reddito, attraverso politiche in grado di tutelare il futuro di un settore da cui dipendono non solo l’economia, ma anche la salvaguardia dell’ambiente e la conservazione del paesaggio. Per Cia, infatti, i conti del governo e della Ue non tornano e serve subito quel piano agricolo nazionale sempre annunciato e mai realizzato.
Da tempo, infatti, il settore registra dati allarmanti. L’impatto dell’aumento dei prezzi pagati dagli agricoltori è di 9 miliardi di euro, con le spese medie per azienda aumentate di 16mila euro.
L’incremento del costo del gas e dei fertilizzanti è stato del 200 %. Le stime del reddito netto delle aziende, invece, è sceso del 60 %, con un più 30 % delle stesse che lavorano in perdita. Tanti problemi che si vanno ad aggiungere a problematiche già esistenti, come l’aumento del consumo di suolo, la diminuzione delle risorse idriche o i sempre più frequenti danni causati da maltempo e dai cambiamenti climatici.
Particolarmente gravosa la situazione dell’ortofrutta che ha subito un calo del 40 % della produzione. Il vino ha avuto un meno 12 % medio di produzione, sotto i 44 milioni di ettolitri nel 2023 rispetto ai 50 milioni del 2022, perdendo il primato mondiale a favore della Francia. Nel comparto cereali, l’aumento dei costi ha raggiunto un più 40 %. La carne bovina ha avuto una flessione produttiva nel primo trimestre 2023 del 30 %, quella suina del 6,5 %. Gli allevamenti suinicoli quest’anno sono scesi dell’8 %. Per quanto riguarda il latte, le consegne in Italia, nel periodo gennaio-aprile 2023, sono diminuite del 2,6 % a causa dei costi di produzione troppo alti.
“In un silenzio assordante – sottolinea CIA – il sistema agricolo nazionale perde quote e nessuno sembra accorgersene”.
“Di fronte alla fiammata del carrello della spesa alimentare, i prodotti agricoli simbolo del Made in Italy hanno visto crollare i prezzi. Una situazione paradossale che impone un cambio di passo da parte delle Istituzioni per tutelare gli agricoltori italiani e il loro reddito lungo la filiera agroalimentare. I margini per il raggiungimento dell’obiettivo ci sono. Dal campo alla tavola i prezzi crescono in media di tre cifre”.
In tutti i comparti, infatti, le imprese agricole – oltre a subire il peso dell’inflazione, del clima e delle sfide della transizione green – non riescono più a coprire i costi di produzione. E questo – a detta di Cia – denota come la ripartizione delle risorse all’interno delle singole filiere non sia equa ed equilibrata, con i produttori agricoli sempre più relegati ad anello debole di tutto il sistema agroalimentare.
“Noi non siamo il problema, ma la soluzione!”, ha quindi ripetuto più volte dal palco il presidente nazionale, Cristiano Fini, rivendicando con forza il ruolo chiave del settore, anche nella transizione green.
“A dispetto di tutte le fake news – ha aggiunto – gli agricoltori non inquinano, rispettano da anni gli impegni ambientali anche mettendo a rischio i loro profitti; producono energie alternative e non sprecano acqua, ma la usano per produrre cibo di qualità. Senza agricoltura, il Made in Italy non può esistere e la sicurezza alimentare non ha garanzie; non c’è presidio del territorio e custodia del paesaggio, anche contro il dissesto idrogeologico; le aree interne si spopolano ed economia e società non sopravvivono”.
A margine della protesta, però, il governo non sembra preoccupato. Al termine dell’assemblea annuale dell’Anci, il Ministro dell’Agricoltura (e sovranità alimentare), Francesco Lollobrigida ha infatti escluso che “le manifestazioni degli agricoltori siano contro l’azione del governo e contro una dinamica che a livello italiano ed europeo ha rimesso al centro la difesa dell’agricoltura e una strategia per riaffermare questi settori produttivi come centrali del nostro modello di sviluppo”.
Eppure il grido di protesta del presidente Fini nel corso della mobilitazione è risuonato forte e chiaro. “Abbiamo buoni motivi per reclamare più attenzione per le nostre aziende agricole – ha infatti ribadito – deve rimetterle al centro l’Italia così come l’Europa, che dovrebbe stare dalla nostra parte, invece di continuare a imporre norme e regolamenti dall’alto”.
Ilaria De Marinis
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