Frutta secca: aumentano i consumi, ma è invasione turca

da Redazione FruitJournal.com

Nel 2020 i consumi di frutta secca in Italia sono cresciuti del 9%, ma è allarme per l’invasione di frutta secca in arrivo dalla Turchia. A renderlo noto un’analisi di Coldiretti.

Aumentano i consumi di frutta secca nel Belpaese, ma è allarme per l’invasione di nocciole sgusciate provenienti dalla Turchia, utilizzate per snack e dolci. 

Raddoppiate negli ultimi dieci anni (+98%), le importazioni di frutta a guscio hanno registrato un incremento significativo anche nell’anno del Covid. Stando ai dati Ismea presi in esame da Coldiretti, sono 61 milioni, infatti, i chili di frutta secca che hanno varcato i confini nazionali lo scorso anno. Di questi, quasi 40 milioni di chili sono di origine turca. Proprio dal Paese ottomano, nonostante le allerte scattate per gli elevati livelli di aflatossine cancerogene, arrivano inoltre i ⅔ del totale usato per snack e dolci.


E poco è cambiato durante la pandemia. Nonostante le limitazioni al commercio internazionale imposte dall’emergenza sanitaria, infatti, non si è arrestato il flusso di prodotto estero che – spacciato come italiano – finisce ancora oggi nelle confezioni di frutta secca pronta da mangiare, nei gelati e nei dolci industriali. Come denunciato da Coldiretti, un fattore assai determinante è rappresentato dalla mancanza dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta sulla frutta trasformata.  

“Con l’aumento delle importazioni, nonostante la crescita degli impianti in Italia – si legge, infatti, nel comunicato – in assenza di un obbligo di tracciabilità delle nocciole utilizzate nei derivati, si rischia di dare un’immagine ingannevole della qualità delle nocciole nazionali che frequentemente vengono tagliate, miscelate o sostituite con quelle di importazione”. “Da qui l’esigenza di portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza – ha concluso Coldiretti – con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine su tutti quegli alimenti ancora anonimi, a partire da quelli trasformati, come nel caso delle nocciole utilizzate nell’industria dolciaria”.

Una richiesta che assume particolare rilevanza per l’Italia, secondo Paese produttore di nocciole, che ospita oggi 88.747 ettari di superficie coltivata e con ancora ampi margine di crescita in tutte le aree del territorio nazionale.

Ilaria De Marinis
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