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Olivo e olio

Occhio di pavone: come difendere l’olivo

Per contrastare l'occhio di pavone, che rientra tra le principali malattie fungine dell'olivo, è fondamentale effettuare la diagnosi precocemente.

da uvadatavoladmin 15 Aprile 2022
15 Aprile 2022
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Tra le più comuni malattie fungine dell’olivo, l’occhio di pavone è causato dal fungo Spilocaea oleaginea. Il patogeno è in grado di attaccare quasi esclusivamente la specie Olea europea, sviluppandosi sotto la cuticola superiore delle foglie.

Per contrastare l’occhio di pavone e difendere l’olivo, di primaria importanza risulta la diagnosi precoce.

A ricordarlo in una nota Alsia Basilicata, l’Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura. Il fungo, che attacca soprattutto le foglie di olivo, provocando la formazione di macchie rotondeggianti di colore bruno scuro contornate da un alone giallastro – da cui il nome di occhio di pavone – si sviluppa con temperature tra 10 e 25°C, bagnatura fogliare prolungata e in areali poco ventilati.

Le infezioni si verificano essenzialmente in primavera e in autunno, ma nel Sud Italia anche in inverni particolarmente miti e piovosi.

Le colonie del fungo, infatti, proliferano abbondantemente in presenza di periodi prolungati di bagnatura o comunque in atmosfera satura di acqua, e diminuiscono la loro vitalità al ridursi della umidità relativa fino ad annullarsi già con valori del 98%.

Le foglie colpite da S. oleaginea cadono precocemente e, se la malattia non viene controllata, si ha un pesante effetto negativo sulla produzione di olive. La caduta delle foglie, infatti, oltre a ridurre la capacità fotosintetica della pianta, condiziona la successiva evoluzione delle gemme ascellari, impedendo così la produzione di rami a frutto.

occhio di pavone

In conseguenza di ripetuti attacchi del fungo, la defogliazione porta inoltre a un generale indebolimento della pianta e a un progressivo disseccamento di una parte dei rami e delle branche.

Come riportato dall’Alsia, è stato osservato che le infezioni della primavera si evidenziano solo dopo un periodo di incubazione di 2-3 mesi mentre quelle autunno-vernine dopo 15-30 giorni.

Per rilevare la presenza del fungo in fase di incubazione si può quindi intervenire in questo periodo utilizzando il metodo della “diagnosi precoce”, immergendo le foglie per 1-2 minuti in una soluzione di soda caustica (NaOH) al 5 % riscaldata a una temperatura di 50 °C.

Con l’immersione si determina una reazione tra i fenoli della foglia e la NaOH con conseguente imbrunimento delle parti interessati dal fungo. In molti casi la reazione avviene anche per la presenza di ferite sulla foglia. In caso di infezione le macchie sono scure, rotonde e di dimensioni di 1-3 mm, mentre in assenza di infezione queste sono chiare e di forma irregolare.

Accertatane la presenza, per devitalizzarlo occorrerà eseguire un trattamento con prodotti a base di rame sul finire dell’inverno, o comunque prima della ripresa vegetativa. L’azione fitotossica del rame determina la caduta delle foglie malate. In anni di carica è possibile utilizzare sostanze attive diverse, quali dodina, fenbuconazolo, azoxystrobin+difenoconazolo, pyraclostrobin, limitando la perdita di foglie.

È necessario poi prevedere un secondo trattamento, questa volta in pre-fioritura, volto a difendere le foglie nascenti da nuove infezioni.

Se le condizioni ambientali sono favorevoli allo sviluppo del fungo, potrebbe essere necessario effettuare poi un terzo trattamento in autunno. Questo permette di affrontare l’inverno con una pressione bassa del fungo e, di conseguenza, evitare l’espandersi dell’infezione, arrivando così in primavera con un impianto sano.

Per quanto concerne la malattia, è stato infine riscontrato che nel sistema superintensivo si registra una maggiore incidenza di occhio di pavone rispetto al sistema tradizionale. Secondo alcuni studi, a incidere significativamente sono sia il sistema di impianto che le varietà utilizzate.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

 
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