Ciliegie senza semi: quali opportunità?

Secondo quanto riportato in una ricerca, l'assenza del seme/nocciolo aumenterebbe le potenzialità del frutto e i margini di guadagno

da uvadatavoladmin

Ciliegie senza semi? Potrebbe essere questa la prima novità del 2023. Se ne parla in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Planta e che, partendo dall’analisi dei promettenti dati relativi al consumo del frutto, rileva le grandi potenzialità commerciali che potrebbero derivare dalla produzione di ciliegie senza semi e nocciolo.

Secondo quanto riportato nella ricerca, infatti, nel caso della ciliegia, l’assenza del seme/nocciolo ne aumenterebbe le potenzialità come prodotto da spuntino e ridurrebbe i costi di lavorazione, migliorando così i margini di guadagno.

A fronte di un aumento del 40% della produzione negli ultimi 20 anni, trovare il modo “per produrre ciliegie senza semi e senza nocciolo – si legge nello studio – potrebbe rendere il frutto ancora più attraente per il consumatore”.

Rappresentazione grafica della produzione mondiale di ciliegie tra il 2000 e il 2020 (Statista.org). Come si può notare, la produzione di ciliegie è aumentata del 37% tra il 2000 e il 2020 con la produzione più bassa nel 2002.

“Dati precedenti – prosegue – hanno dimostrato che cultivar senza semi come l’arancia dolce (Citrus sinensis), l’uva (Vitis vinifera) e l’anguria (Citrullus lanatus) hanno aumentato significativamente il consumo dei consumatori”. Un andamento che lascia ipotizzare buone prospettive anche per le ciliegie. A confermarlo anche il professore Stefano Lugli, esperto di ricerca sul ciliegio e coordinatore scientifico del Salone del vivaismo e dell’innovazione varietale, che si terrà a Macfrut dal 3 al 5 maggio prossimi.

“Grazie alle nuove tecnologie di miglioramento genetico basate su genome editing e cisgenesi, in un prossimo futuro verranno diffuse varietà di ciliegio apirene, senza semi e probabilmente anche senza nocciolo” – ha infatti dichiarato in una recente intervista. “Inoltre, si potranno coltivare varietà resistenti al cracking, piante resistenti alle malattie e capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici in corso. Con le TEA si otterranno varietà migliorate, identiche a quelle tradizionali, con costi decisamente inferiori rispetto al breeding usuale: questo grazie a tecniche di selezione più veloci e soprattutto più precise”.

Come ribadito dall’esperto, si tratterebbe di proseguire lungo la scia dei risultati già ottenuti grazie al miglioramento genetico del ciliegio, con l’individuazione di diversi marcatori molecolari per alcuni importanti caratteri come il calibro delle ciliegie, il loro colore, la consistenza dei frutti e la tolleranza al cracking.

Aspetti che, come testimoniano i dati del CPVO, l’ufficio comunitario sulle privative vegetali, permettono di depositare ogni anno in media 10 brevetti di nuove varietà di ciliegio, con la sola Europa già a quota 150.

In altri termini, l’offerta varietale non manca. “Ciò che difetta – ha però chiarito il professore – è una valutazione preliminare, super partes, che dovrebbe precorrere l’immissione sul mercato delle nuove varietà. Capita frequentemente che un’innovazione genetica venga presentata come rivoluzionaria, la panacea di tutti i mali. Spesso non è così, e a rimetterci sono purtroppo i produttori, i primi a essere attratti da queste chimere varietali”.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

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