La geografia del nostro Paese sta cambiando, anche per via degli effetti climatici che, come noto, stanno determinando stravolgimenti in tutti i settori, e in quello agricolo in modo particolare. Basti pensare alle tante aziende ormai dedite alla produzione di frutti tropicali, che – non a caso – trovano negli areali mediterranei territori ormai vocati alla loro coltivazione. Non sono però solo le colture a contribuire al cambiamento degli scenari paesaggistici del nostro territorio. Un nuovo attore, infatti, si sta facendo sempre più largo nelle città e nei campi di tutta Italia: il parrocchetto monaco.
Il parrocchetto monaco è un pappagallo originario del Sud America, di un colore verde brillante, che – a partire da alcuni esemplari riusciti a sfuggire alla cattività – da alcuni anni è giunto nella nostra penisola.
Da Nord a Sud, infatti, il pappagallo è presente nelle grandi città e con colonie sulle isole, anche se la popolazione più numerosa si trova a Roma, per la quale nel 2021 si è stimata la presenza di poco meno di 6mila individui. Dati, questi, che hanno destato non poca preoccupazione specialmente tra i produttori. L’animale, infatti, si caratterizza per la notevole abilità nel beccare e danneggiare le superfici dure dei frutti, compromettendone la raccolta e commercializzazione.
Il rischio, dunque, è che con l’aumentare della densità di popolazione di questa specie, si assista a un incremento in modo più che proporzionale dei danni che gli esemplari di parrocchetto monaco possono provocare sulle colture arboree da frutto, oltre che nel settore vivaistico. Al momento, le specie frutticole maggiormente interessate sono state soprattutto mandorle e melograni, dove i danni riscontrati si sono tradotti in perdite economiche significative per gli agricoltori.
Sebbene i nuclei di parrocchetti monaco siano ormai sparsi lungo tutta l’Italia, la questione è ora tornata alla ribalta nelle regioni meridionali. Proprio in questi giorni, infatti, sono diversi gli agricoltori del nord barese che – alle prese con i danni provocati dalla specie – hanno chiesto un incontro per gettare nuova luce sulla problematica.
A farsi carico della richiesta avanzata dai produttori, l’assessore all’Agricoltura, Floricoltura, Attività produttive e Sviluppo economico del comune di Terlizzi (BA) Michelangelo De Palma che – in una lettera – ha chiesto un incontro urgente all’assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia, facendosi anche portavoce dei Comuni di Bitonto, Ruvo, Molfetta, Giovinazzo e delle associazioni di categoria Cia e Coldiretti regionali.
Intanto, sorge spontanea una domanda: si può porre un freno a questa crescita incontrollata dei pappagalli?
“Sappiamo ancora poco su come queste popolazioni influenzino l’ecosistema, soprattutto per quanto riguarda la biodiversità locale” – ha dichiarato in un’intervista il ricercatore Leonardo Ancillotto, che partecipa al progetto “Parrocchetti di Puglia“ con l’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRET). “Quello che invece sappiamo, soprattutto dalle esperienze in città dove le popolazioni di parrocchetti sono diventate particolarmente numerose, è che il parrocchetto monaco è un vorace consumatore di piante coltivate, provocando perdite anche particolarmente rilevanti – oltre il 50% – a piccole e medie produzioni di ortaggi e alberi da frutto. In questo senso, rappresenta quindi una minaccia quantomeno economica, soprattutto a livello locale, nei confronti di attività agricole urbane o adiacenti al territorio cittadino. Danni ulteriori possono essere provocati da questa specie alle alberature ornamentali dalle quali spesso va a prelevare ramoscelli per la costruzione dei nidi, che a loro volta possono arrivare ad un peso tale da spezzare i grandi rami su cui poggiano – con ovvie conseguenze per la salute della pianta e per la sicurezza pubblica dei cittadini – e ad altre infrastrutture – quando ad esempio il nido viene costruito su antenne e pali della luce”.
Come spiegato dal ricercatore, dunque, al momento non esiste una strategia condivisa a livello europeo per frenare l’avanzata del pappagallo. Di sicuro, però, vale una raccomandazione: prevenire ulteriori introduzioni di queste specie aliene nei nostri territori, sensibilizzando la cittadinanza affinché non alimenti i parrocchetti, e disincentivando la formazione di nuove colonie attraverso la rimozione di nuovi nidi in costruzione, in modo da ridurre la velocità di espansione della specie sul territorio.
Donato Liberto
© fruitjournal.com