Non sembra attenuarsi lo stato di grave crisi in cui versa il commercio delle clementine: anche per quest’anno si prospettano prezzi irrisori e insoddisfazione per i produttori.
Complici rincari e prezzi corrisposti troppo bassi, la campagna clementine 2022-23 si prospetta come una delle peggiori dell’ultimo decennio.
Ne abbiamo parlato con Floriano Convertino, amministratore e titolare dell’azienda agricola Convif. Sita in agro di Castellaneta Marina, in provincia di Taranto, l’azienda si estende su una superficie di 50 ettari ed è specializzata nella coltivazione di agrumi, in particolare di clementine. Tra queste, l’azienda produce le omonime Clementine Convertino, che vantano le certificazioni IGP, Global GAP e GRASP.
“La campagna clementine 2022-23 è partita come una delle peggiori campagne di commercializzazione agrumicola dell’ultimo decennio” – spiega Convertino. “Bisogna tuttavia fare una breve premessa: quest’anno il fenomeno si è acuito, ma i fattori che hanno determinato questa gravissima crisi del comparto sono molteplici”. “I rincari energetici, aggravati poi dalla guerra in Ucraina, hanno provocato un aumento sproporzionato dei costi: dal carburante all’energia. E questo lo dico non solo per conto della mia azienda, dove nel tempo abbiamo attivato gli impianti fotovoltaici e ci siamo super specializzati, ma per tutte le realtà agricole del territorio. Anche perché – sottolinea l’imprenditore – sempre a seguito del conflitto russo-ucraino, si è riscontrato un aumento vertiginoso anche di concimi e prodotti fitosanitari”.
“Tutti aspetti che – prosegue – hanno inciso fortemente sull’innalzamento dei costi di produzione che si attestano intorno a un 40% in più rispetto al passato. Considerando che per produrre un chilo di clementine in un’annata normale ci vogliono 0,35€, quest’anno – visto l’aumento dei costi – si deve calcolare un 0,15€ in più. Di conseguenza, il prezzo di partenza si dovrebbe attestare intorno ai 0,50€, cui bisogna aggiungere 0,20€ di manodopera e altri 0,05€ di provvigione da destinare ai vari magazzini. Si dovrebbe arrivare quindi a 0,75€, senza prevedere un ricavo per il produttore. Tuttavia, sin dagli inizi della stagione non è stato così.
Siamo infatti partiti con la raccolta del clementino tradizionale Golfo di Taranto che, pur costituendo il fiore all’occhiello della produzione grazie alle sue eccezionali qualità organolettiche, ha spuntato un prezzo di raccolta stimato intorno ai 0,30€.
Aspetti che lasciano immaginare le reali difficoltà in cui si è ritrovato l’agricoltore. E oggi, come se non bastasse, la situazione è peggiorata ulteriormente, perché i costi si aggirano intorno ai 0,20€”.
Una situazione complessa, come si vede, che non riguarda solo le clementine, ma tutta l’agrumicoltura del Golfo di Taranto. “C’è una forbice tra il costo degli agrumi in campagna e quello che si vede poi nei supermercati – evidenzia infatti Convertino – sugli scaffali le clementine, tra l’altro di calibro inferiore, sono vendute a 5€ al chilo e poi in campo non si arriva a 50 centesimi. Non si riesce a comprendere come sia possibile attuare una politica commerciale del genere. E poi come si può pensare oggi, in un momento di grandissima ristrettezza economica, che il consumatore possa spendere 5€ per un chilo di clementine? Commercialmente parlando, è chiaro che il consumatore non prenderà mai un chilo di clementine, anche perché oggi la frutta non è più essenziale in tante case e, considerati i rincari energetici, le famiglie tendono a limitare gli acquisti e la spesa”.
La soluzione, secondo l’imprenditore, passa anche dalla grande distribuzione che – spiega – “se stabilisse prezzi più moderati e accessibili, permetterebbero di avere un riscontro diverso”.
Specialmente se si considera il Golfo di Taranto dove si producono 2 milioni e mezzo di quintali di clementine. “Non si riesce a comprendere come mai questo prodotto non decolli a prezzi adeguati, capaci di tutelare il reddito di tutti. Purtroppo siamo stati abbandonati, abbiamo avuto la pacca sulla spalla durante il periodo del Covid quando con grande coraggio gli agricoltori hanno proseguito la loro attività per cercare di riempire le tavole degli italiani, ma è finita lì e poi ancora una volta si è caduti nel baratro. Questa è una considerazione che purtroppo bisogna fare – insiste Convertino – perché ci si riempie la bocca della qualità dei prodotti tipici del territorio e dell’agricoltura pugliese, però poi mancano tutele e aiuti concreti. Basti pensare che, se a un certo punto gli agricoltori avessero la possibilità di poter con un semplice gesto spegnere le piante, si assisterebbe a un paesaggio lunare simile a quello del Salento dopo la Xylella”.
Accanto all’amarezza, non manca però la voglia di reagire. “Lo scorso 27 novembre si è tenuto un incontro nella città di Massafra, al quale erano presenti circa 400 agricoltori, durante il quale ci siamo confrontati su quanto stava accadendo. Abbiamo quindi sintetizzato tutte le richieste emerse in un protocollo al quale stiamo ora unendo le firme dei produttori. Siamo già a 700, ma puntiamo ad arrivare a 1000 e, una volta raggiunto l’obiettivo, invieremo il materiale all’assessore Donato Pentassuglia che si è già dimostrato disponibile a incontrarci”.
“All’interno di questo protocollo abbiamo chiesto interventi da sviluppare in due fasi, una prima emergenziale da attivare immediatamente e una programmatica di più ampio respiro”.
“Per quanto riguarda la fase emergenziale – spiega – abbiamo chiesto che venga attivata subito la misura 22, al fine di ottenere il riconoscimento a livello nazionale dello stato di crisi e sbloccare i fondi previsti per le avversità atmosferiche. Gli scorsi anni, infatti, questo settore è stato colpito da grandinate e gelate che hanno dimezzato le produzioni. Tuttavia, una volta emanato lo stato di calamità, i fondi stanziati e arrivati ai Comuni non sono poi stati erogati agli agricoltori. In seconda battuta, abbiamo chiesto la possibilità di poter investire sulla valorizzazione di questa produzione a livello nazionale e internazionale, anche attraverso emittenti radiotelevisive, così come avviene per altre realtà produttive. Accanto a questo, intendiamo creare un consorzio di tutela che possa coinvolgere la maggior parte dei produttori agricoli che producono clementine nel Golfo di Taranto e accompagnarli nel percorso successivo. Anche perché oggi non si può pensare di poter partire da soli: le aziende non hanno le risorse per poter portare avanti la produzione, figuriamoci per investire in consorzi di tutela. Infine – conclude – abbiamo chiesto l’applicazione della legge 185 del 2021 contro le pratiche sleali che vieta di vendere al di sotto del costo di produzione e di speculare sulle spalle degli agricoltori”.
A sostenere l’iniziativa non solo i produttori: “Sul protocollo ci sono anche le firme dei Presidenti di Coldiretti, CIA, Confagricoltura e Copagri e dei sindaci dell’arco ionico-tarantino che hanno deciso di supportare l’azione degli agricoltori”.
Insomma, le parti in gioco sono tante, ma la speranza rimane una sola: quella di poter risollevare il comparto e vedere le clementine pugliesi valorizzate come meritano.
Ilaria De Marinis
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