Nutrizione della fragola: lavoro a più fattori

Una gestione razionale della nutrizione può garantire risultati produttivi ottimali; diversi, però, sono i fattori in gioco

da uvadatavoladmin
Nutrizione della fragola gestione irrigazione

Una gestione razionale della nutrizione della fragola può garantire risultati produttivi ottimali tanto dal punto di vista qualitativo, quanto da quello quantitativo. I fattori in gioco, però, sono molteplici e sottovalutarne qualcuno potrebbe inficiare la produzione finale.

La fragola è una pianta poliennale, ma nella produzione specializzata viene coltivata con ciclo annuale e gli impianti vengono rinnovati a ogni stagione. Per questa specie è richiesto un approccio specifico dal punto di vista nutritivo. Ma quali sono gli aspetti da tenere in considerazione? Quali risultati bisogna aspettarsi da un piano di nutrizione razionale? Quali fattori bisogna fare attenzione a non trascurare? Ne abbiamo parlato con Gianni Manca, agronomo e responsabile per il Sud Italia del laboratorio multinazionale AGQ Labs, nell’ultimo numero di Fruit Journal magazine.

Quando parliamo di nutrizione della fragola, quali sono gli obiettivi che un fragolicoltore deve perseguire?

Sicuramente dal punto di vista della produzione, l’obiettivo principale è ottenere una risposta qualitativa e quantitativa soddisfacente sul piano economico. Un difetto di produzione dovuto a un errore nutrizionale, infatti, può portare la pianta a non esprimere al massimo il suo potenziale e questo – senza dubbio – rappresenterebbe un dispendio economico importante per l’azienda agricola. Inoltre, anche dal punto di vista qualitativo è importante che la frutta abbia caratteristiche organolettiche tali da garantire una shelf-life duratura. Quest’ultimo è un aspetto fondamentale, soprattutto per le fragole destinate all’esportazione, come quelle prodotte nel Metapontino.

Bisogna comunque ricordare che quando parliamo di fragola abbiamo a che fare con una pianta che, anche se poliennale, viene coltivata con ciclo annuale, per cui le risposte agli apporti nutrizionali sono quasi immediate. In tal senso, allora, una minima variazione del piano strategico nutrizionale può incidere nel bene o nel male sul risultato finale.

Quali strumenti non devono mancare per effettuare una corretta nutrizione?

Nel caso di una produzione intensiva, come avviene per esempio nelle serre metapontine (in Basilicata), dove si mettono a dimora dalle 60 alle 80 mila piantine per ettaro, sicuramente è utile la presenza di un buon impianto di irrigazione che garantisca la migliore gestione possibile dell’impianto. Accanto a questo, è poi fondamentale disporre di un buon impianto di fertirrigazione: trattandosi di impianti ad alta densità, gestiti sotto plastica, anche la componente climatica interferisce molto sull’aspetto nutrizionale.

Un ruolo decisivo possono poi giocarlo i dispositivi tecnologici: quanta più tecnologia abbiamo in campo, tanto più efficaci risulteranno le decisioni adottate. Dai banchi di fertirrigazione alle vasche per creare le soluzioni madre, ma anche strumenti come il termometro o le sonde umidometriche che permettono di controllare l’umidità della baula e conoscere il clima all’interno della serra. In sostanza, ogni componente può rivelarsi vincente.

Come possono essere raggiunti livelli ottimali attraverso la nutrizione?

Tutto dipende dalle condizioni presenti in campo. D’altra parte, non bisogna dimenticare che la fragola, prima di essere trapiantata, viene gestita per diversi mesi in vivaio. In tal senso, anche il tipo di trapianto, l’epoca di trapianto o l’epoca di copertura possono interferire con la produttività finale della pianta. Insieme a tutto questo, i fattori che concorrono all’ottenimento di caratteristiche ottimali dei frutti sono molteplici. Come accennato, siamo alle prese con una pianta erbacea che risente molto di qualsiasi cambiamento in campo: un eccesso o un difetto di acqua, come pure la temperatura all’interno della serra, possono fare la differenza. La fragola infatti è una coltura che affronta tutto il periodo invernale e che, nonostante la conduzione sotto serra, può risentire degli abbassamenti termici, specie se non viene favorita la ventilazione o se la temperatura sotto serra è inferiore a quella esterna.

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Situazioni come questa possono portare la pianta a comportarsi come fosse frigoconservata, ovvero spingendo molto sulla parte vegetativa, ma manifestando poi delle deficienze nella parte produttiva.

A tal proposito, altrettanto fondamentale è il discorso legato alla conducibilità elettrica. La fragola non sopporta eccessi di salinità, né eccessi di fertilizzazione. Non a caso, durante l’anno cerchiamo di non superare mai la conducibilità elettrica di 1,2 deciSiemens per metro.

Sempre in materia di nutrizione, la fragola è una specie che assorbe quantità importanti di unità fertilizzanti di potassio, che – a loro volta – influiscono sulla colorazione finale. E se si guarda alle dimensioni del prodotto finale, accanto al potassio, altrettanto determinante risulta anche il calcio.

Strettamente connessa alla nutrizione è poi la gestione dell’irrigazione: la fragola non sopporta bene l’eccesso di acqua perché ha bisogno di una completa ossigenazione. Ragion per cui è importante considerare anche questo aspetto, al fine di evitare eventuali errori che possono compromettere la produzione.

Dunque, come si è avuto modo di vedere, l’approccio alla nutrizione della fragola sicuramente è fondamentale, ma non costituisce l’unico fattore in gioco per la produzione finale. Insomma, ogni tassello è necessario per completare il puzzle e ottenere così fragole di qualità.

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Dal punto di vista delle fisiopatie, ci sono accorgimenti nutritivi che permettono di evitarne l’insorgenza?

Generalmente, le fisiopatie sono fortemente legate alla nutrizione. Tuttavia, per quanto riguarda la fragola, spesso la maggior parte delle malattie deriva da squilibri climatici, di umidità o di assorbimento.

Tra le fisiopatie più comuni troviamo il tip burn che determina delle bruciature soprattutto sulle nuove foglioline. Il fenomeno è dovuto a una carenza di calcio, motivo per cui è di primaria importanza garantire l’apporto di questo elemento al momento della nutrizione. Questa fisiopatia, però, è spesso riconducibile a specifiche condizioni ambientali, tanto che può manifestarsi anche in terreni normalmente concimati con il calcio. In caso di giornate particolarmente fredde, umide o poco luminose, infatti, la fragola rallenta molto la fase di traspirazione e di conseguenza anche l’apporto del calcio subisce un freno, provocando l’insorgenza del fenomeno.

Un’altra fisiopatia molto importante e che si verifica frequentemente su fragole della varietà Candonga® è quella del disseccamento dei sepali. Spesso interpretata come una carenza di calcio o di qualche elemento chimico in generale, questa fisiopatia in realtà si verifica solo in determinati periodi dell’anno, da fine gennaio a – più o meno – metà marzo. Questo perché il disseccamento dipende dalle condizioni di luminosità e dall’esposizione della pianta alla luce. Questo problema, che si manifesta solo su alcuni sepali, non è comunque risolvibile attraverso la nutrizione.

D’altra parte, quando si parla di fisiopatie della fragola si tende a definirle multifattoriali: come per la nutrizione, anche in questo caso i fattori in ballo sono molteplici.

La nutrizione è importante, ma per avere un buon esito produttivo non basta solamente nutrire razionalmente la pianta. È necessario mettere in campo una serie di accorgimenti agronomici che possano portare la pianta a esprimersi al meglio.
In questi casi, parto sempre dal presupposto che comunque stiamo parlando di piante che vengono trattate in maniera equilibrata, che si contempli un piano nutritivo che consideri le condizioni del terreno, dell’acqua e della pianta stessa, con delle analisi continue relative a conducibilità e assorbimenti nel terreno e analisi fogliari.

Parlo di equilibrio perché molto spesso ci sono diverse scuole di pensiero nella fragolicoltura del Sud Italia. Da un lato, abbiamo piante che vengono trapiantate a settembre-ottobre e che – se spinte nei periodi più caldi dal punto di vista nutrizionale – rispondono molto bene agli apporti nutrizionali, fiorendo anche nei primi mesi dell’anno. Questo garantisce al produttore un ritorno economico notevole, perché arrivare con delle fragole nei primi mesi dell’anno significa inevitabilmente spuntare prezzi più alti. Tuttavia, molto spesso un simile modus operandi può determinare un effetto contrario. Spingere la pianta in quel periodo per avere una produzione – anche minima – nei primi mesi dell’anno, rischia infatti di ridurre il suo standard produttivo per il resto della stagione. Tutto sta poi anche nella bravura del produttore che dovrà capire se il gioco vale la candela, se cioè quel benefit iniziale può in qualche modo garantire l’eventuale mancata produzione dei mesi successivi.

Personalmente, ritengo che la scelta migliore sia quella che prevede di mantenere la pianta un po’ più tranquilla nelle prime fasi del suo ciclo produttivo, per poi esprimere il massimo del suo standard nei mesi che vanno da marzo a maggio.

 

Ilaria De Marinis
©fruitjournal.com

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