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Negli ultimi anni, la crescente diffusione di fitofagi esotici in Europa ha messo sotto pressione i sistemi agricoli e forestali, spesso impreparati ad affrontare parassiti che, nei loro ambienti d’origine, sono regolati da antagonisti naturali. In questo scenario si inserisce la Takahashia japonica, una cocciniglia cotonosa di origine asiatica (Cina, Giappone, Corea, India) appartenente alla famiglia Coccidae, la cui presenza è stata segnalata per la prima volta in Italia nel 2017 su piante ornamentali.
L’insetto si distingue per la formazione di spettacolari e inconfondibili ovisacchi cerosi bianchi, lunghi anche diversi centimetri, pendenti dai rami come filamenti cotonosi. Benché inizialmente considerata una curiosità entomologica relegata al verde urbano, questa specie ha recentemente mostrato una capacità adattativa superiore alle attese, arrivando a colonizzare piante agrarie. Tra queste, spicca un recente caso documentato: l’infestazione su nocciolo coltivato in aree produttive della Lombardia, segnalata nella primavera del 2025.
Questo evento rappresenta un potenziale cambio di prospettiva nella gestione fitosanitaria del corileto. La Takahashia japonica, infatti, è un insetto polifago e dotato di buona plasticità ecologica, capace di svilupparsi su numerose specie arboree. La sua comparsa su una coltura economicamente rilevante come il nocciolo apre interrogativi sulla biologia dell’insetto in contesti agricoli europei e sull’adattabilità delle filiere frutticole a nuove pressioni entomologiche.
In un contesto segnato da cambiamenti climatici e crescente mobilità di merci e piante, episodi di questo tipo meritano attenzione. La cocciniglia giapponese potrebbe rivelarsi una presenza transitoria o, al contrario, una nuova realtà con cui convivere. Osservarne l’evoluzione sarà fondamentale.
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Dall’ambiente urbano a quello agricolo
La scoperta dell’insetto su piante di nocciolo in pieno campo rappresenta una novità interessante, ma ancora tutta da valutare nei suoi effetti. Finora, gli attacchi noti riguardavano piante ornamentali in ambiente urbano; la presenza su colture da reddito segna una possibile estensione d’ambito che va monitorata con attenzione.
I rilievi effettuati tra maggio e giugno 2025 mostrano una diffusione localizzata, con presenza visibile di ovisacchi su rami e branche secondarie. Non si osservano, al momento, danni gravi o diffusi, ma l’esperienza con altri fitofagi suggerisce che il passaggio da comparsa occasionale a problema stabile può avvenire nel giro di poche stagioni, soprattutto se non si interviene in tempo utile.
Sintomi e danni da cocciniglia cotonosa su nocciolo
A differenza di altri parassiti più aggressivi, la Takahashia japonica non provoca danni esplosivi. Le sue conseguenze sono più sottili, ma non per questo trascurabili. Nutrendosi della linfa attraverso rami giovani, può alterare il bilancio energetico della pianta, generando nel tempo rallentamenti vegetativi e squilibri metabolici. In caso di infestazioni sostenute, si possono osservare disseccamenti locali e una minore efficienza nella formazione dei frutti.
Il rischio, insomma, non è tanto in un danno immediato alla produzione, quanto nell’accumulo di stress nel medio periodo. Per questo, è importante agire nella fase iniziale, quando il controllo è ancora semplice e poco invasivo.
Cocciniglia cotonosa su nocciolo: ciclo semplice, ma efficace
Il ciclo biologico della cocciniglia è semplice, ma ben collaudato. Dopo lo svernamento, le femmine depongono le uova in primavera, protette da un involucro ceroso che ne garantisce la sopravvivenza. Le neanidi mobili si diffondono sulle piante e danno inizio a una nuova generazione. La dispersione può avvenire anche in modo passivo, ad esempio attraverso il vento o strumenti agricoli, facilitando il passaggio da una pianta all’altra.
In Italia, la mancanza di predatori naturali specifici può favorirne l’espansione. Tuttavia, la velocità e l’estensione di questo processo dipenderanno da molte variabili ambientali e agronomiche ancora da chiarire. È su queste, d’altronde, che si stanno concentrando i primi studi scientifici in corso.

Fonte: Servizio Fitosanitario Regione Lombardia
Difesa e gestione: cosa sappiamo
Nelle aree dove la presenza dell’insetto è già stata confermata, si stanno adottando misure agronomiche di contenimento. Le potature mirate e la rimozione dei rami più infestati si sono dimostrate utili, soprattutto in impianti giovani o poco estesi. Trattamenti fitosanitari specifici, dove consentiti, possono offrire un ulteriore supporto, a patto che vengano effettuati nel momento giusto e con attenzione alla tutela degli impollinatori.
La ricerca sta anche valutando approcci più sostenibili, come l’impiego di prodotti a base di oli vegetali o minerali e, in prospettiva, l’introduzione di antagonisti naturali. Quest’ultima strada, già intrapresa per altre specie invasive, richiede però tempo, risorse e valutazioni accurate.
Massima attenzione
La presenza della Takahashia japonica nei corileti italiani rappresenta una novità da osservare con attenzione. Non è ancora una vera emergenza, ma un segnale che invita il settore agricolo a restare vigile. Come accaduto in passato con altri fitofagi esotici, il rischio non è tanto nell’insetto in sé, quanto nella velocità con cui può adattarsi e diffondersi in nuovi contesti.
È proprio in questa fase iniziale che si gioca la partita più importante: monitoraggio puntuale, comunicazione efficace tra tecnici e produttori, e aggiornamento costante delle strategie di difesa possono fare la differenza. Affrontare nuove presenze come questa con lucidità e spirito di prevenzione significa costruire un’agricoltura più preparata e resiliente. Perché in un contesto climatico e biologico in continua evoluzione, essere pronti è già metà della soluzione.
Ilaria De Marinis
©fruitjournal.com