I prezzi medi dei terreni agricoli nel 2023 sono rimasti sostanzialmente stabili. Una situazione di stallo dovuta perlopiù a fattori geopolitici, all’inflazione sui prodotti agricoli e il caro-energia. Lo rende noto il Centro di Politiche e Bioeconomia del Crea nella sua indagine annuale sul mercato fondiario.
Secondo quanto riportato nel documento, nel 2023 il prezzo medio della terra ha registrato un aumento sostenuto, di poco inferiore all’1% in tutto il territorio nazionale, attestandosi all’incirca sui 23mila euro per ettaro. Continua ad aumentare l’offerta di terreni disponibili in particolare nelle aree interne del Paese, mentre si è registrata una crescita lieve per quanto riguarda la domanda degli areali destinati alla coltivazione di produzioni di qualità, in particolar modo i vigneti.
La tendenza registrata nel mercato fondiario è emblematica della situazione dei terreni agricoli in Italia, con prezzi medi in aumento e una generale bassa redditività delle produzioni agricole.
A ciò si è aggiunta l’attesa di nuove opportunità legate al finanziamento del Piano Strategico della PAC per il 2023-2027, ancora al centro delle polemiche europee. Tutto questo non ha favorito le compravendite dei terreni agricoli, a differenza degli affitti da parte degli agricoltori che, in termini numerici, hanno preso consistenza. A soffrire maggiormente di questa congiuntura negativa sono state, e purtroppo lo saranno in futuro, le aziende più piccole specie delle aree montane, per le quali senza nessun acquirente il destino è quello dell’abbandono.
Poche novità sul fronte degli acquirenti, in prevalenza composti da imprenditori agricoli con il bisogno di ampliare i loro areali di produzione. Non mancano anche gli operatori extra-agricoli in cerca di terreni per la produzione di energie rinnovabili, seppur sporadici. Infine, ci sono stati i privati che hanno puntato su investimenti poco remunerativi e a basso rischio. Sul versante vendita, invece, i soggetti più attivi sono stati gli agricoltori giunti al termine delle attività, seguiti dai proprietari terrieri privati perlopiù eredi di appezzamenti di terra e non più interessati a coltivarli.
Il quadro emerso segnala ancora una volta una disparità tra il Nord e il Sud del Paese.
I livelli medi dei valori fondiari sono più elevati nelle regioni settentrionali, in particolar modo nel Nord-Est, in cui hanno raggiunto il massimo livello di 47mila euro per ettaro. Crescono del 3%, invece, i valori al Nord-Ovest, con circa 35mila €/ha. Situazione opposta, invece, al Centro e al Sud. con valori fondiari nettamente inferiori, in media al di sotto dei 16mila euro per ettaro. Dopo il forte recupero del 2021 e del 2022, a seguito dell’eliminazione delle misure restrittive legate alla pandemia da Covid-19, le superfici in compravendita di terreni agricoli ha avuto una leggera flessione nel corso del 2023. Un’inversione di tendenza che è stata più marcata al Centro Italia (-10%) e nel Nord Ovest (-4%), molto probabilmente dovuta ancora all’inflazione, che seppur in diminuzione si è fermata al 5,4%.
Il futuro del mercato fondiario
In definitiva, la percezione sull’andamento futuro del mercato fondiario – come riportato dal documento del Crea – è di sostanziale stabilità, con una leggera crescita che potrebbe interessare alcuni ambiti, a seguito degli incentivi all’imprenditorialità giovanile. In ogni caso, tra i potenziali acquirenti regna la prudenza, dovuta all’aumento dei costi di produzione, alla volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli e soprattutto per gli effetti negativi sulle produzioni del cambiamento climatico.
Silvio Detoma
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