Disperazione e rabbia: sono questi i sentimenti che si respirano in diversi comuni siciliani da un po’ di tempo a causa dell’emergenza siccità che sta attanagliando l’Isola. L’ultima protesta è scoppiata ieri, sostenuta dalle amministrazioni locali, nel comprensorio della Quisquina, nell’Agrigentino. A essere coinvolti, in modo particolare, i produttori della nota pesca di Bivona. Stando a quanto riportano le cronache locali, infatti, quest’anno – a causa della siccità – la produzione di pesche siciliane rischia di azzerarsi e annullare così i sacrifici degli agricoltori.
Nella mattinata di ieri, mercoledì 29 maggio, cittadini, coltivatori e sindaci dei comuni della Quisquina insieme a quelli della fascia costiera che attingono alla diga Castello di Bivona, si sono così dati appuntamento davanti ai cancelli dell’invaso per protestare e chiedere al governo della Regione interventi concreti per contrastare l’emergenza idrica. A partire dalla possibilità di usufruire della dotazione idrica della diga Castello per irrigare i campi. Un intervento emergenziale che, tuttavia, secondo i sindaci di Bivona e Ribera, Milko Cinà e Matteo Ruvolo, potrebbe garantire l’approvvigionamento di circa due milioni di metri cubi d’acqua dei nove milioni complessivamente contenuti nella diga.
Specialmente per quanto riguarda la produzione di pesche siciliane, prima fra tutte la Pesca di Bivona, eccellenza agroalimentare riconosciuta con il marchio IGP che caratterizza il 70% delle coltivazioni agricole dei monti Sicane, muovendo ogni anno un fatturato medio di circa dieci milioni di euro.
“Oggi ci troviamo a fronteggiare una crisi che minaccia non solo il nostro presente, ma anche il futuro delle generazioni a venire. Bivona, da sempre cuore pulsante dell’agricoltura e della tradizione, è ora in grave difficoltà” – scrivono i promotori della protesta in una lettera rimbalzata sui social. “L’acqua, risorsa vitale per le nostre campagne, scarseggia in modo preoccupante. Questa carenza mette a rischio non solo i raccolti, ma anche l’intero tessuto economico e sociale di Bivona. Senza possibilità di irrigare la nostra Pescabivona IGP si compromette il lavoro di intere generazioni e la sopravvivenza delle famiglie che dipendono dall’agricoltura”.
Sono stati già numerosi, infatti, i produttori siciliani costretti a forzare la caduta di gran parte delle pesche, in fase di maturazione, pur di non perdere gli alberi. Come raccontano alcuni agricoltori del posto, il diradamento indotto si rende oggi necessario: attraverso questa operazione, infatti, si rendono gli alberi di pesco più leggeri cosicché possono sopravvivere più facilmente in condizioni di stress idrico. In altri termini: volumi di pesche siciliane drasticamente ridotte, ma con la garanzia di una piccola percentuale sicura. Se, infatti, in condizioni standard, ogni pianta di pesco è in grado di produrre almeno 40 chili di frutti, quest’anno – come segnalano i produttori – la produzione non potrà essere maggiore ai 5 chilogrammi per albero. Nel complesso, si stima che il raccolto di pesche siciliane 2024 sarà ridotto di almeno l’80% rispetto agli anni scorsi, con prezzi di vendita sul mercato inevitabilmente alle stelle. E a poco potrebbe servire l’irrigazione di soccorso dalla diga Castello, già autorizzata dall’autorità di bacino, se nel corso di questa estate non le faranno seguito almeno altre due.
Dal punto di vista degli amministratori, scesi al fianco dei produttori e dei cittadini, a gravare significativamente è l’inefficienza della classe politica che, nei decenni scorsi, non ha realizzato le infrastrutture necessarie né previsto interventi strutturali per migliorare i bacini già presenti.
Le proteste, però, potrebbero esser riuscite nell’intento. Notizie dell’ultima ora riportano infatti l’imminente sottoscrizione di un accordo tra l’assessorato regionale dell’Energia e dei servizi di pubblica utilità ed Enel Green Power. Secondo quanto fa sapere la Regione, l’acqua dell’invaso Gammauta, usata per la produzione di energia e attualmente dispersa, verrà convogliata verso la diga Castello per poi renderla disponibile a scopi irrigui nell’Agrigentino. “Sempre su questo fronte – si legge in una nota – il dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti, gestore dell’invaso, ha comunicato all’Autorità di Bacino sia il volume disponibile per l’uso potabile (pari a 2,343 milioni di metri cubi) sia la capacità di emergenza (due milioni di metri cubi), cioè quella quota da prelevare in situazione di eccezionale gravità. Sarà poi l’Autorità a valutare l’eventuale assegnazione di una parte di questa riserva di emergenza a usi irrigui e i prelievi saranno costantemente monitorati per non compromettere la funzionalità della diga”.
Ilaria De Marinis
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