Il cavolfiore: botanica e coltivazione

Tra le Brassicacee, il cavolfiore è la coltura più coltivata in Italia: analizziamone le caratteristiche botaniche e le esigenze pedoclimatiche

da uvadatavoladmin

Tra le Brassicacee o Crucifere, il cavolfiore è la coltura più coltivata in Italia. Secondo i dati ISTAT, nel 2023 la sua coltivazione ha interessato una superficie di 14.453 ettari con una produzione totale di circa 350 mila tonnellate, portando l’Italia tra i principali Paesi produttori a livello europeo. La classificazione tassonomica delle Brassicacee non consente di definire il cavolfiore come una vera e propria specie vegetale, per cui è più corretto parlare di varietà coltivata. La specie di appartenenza è infatti la Brassica oleracea L., ma al suo interno sono raggruppate diverse cultivar, tra cui la var. botrytis, che è quella del cavolfiore.

Il cavolfiore: caratteristiche botaniche della pianta

Il ciclo biologico delle colture orticole (da seme a seme) spesso non coincide con il ciclo colturale (dalla semina alla raccolta), a causa degli organi che interessano il consumo umano e quindi la raccolta (si veda la melanzana). È il caso del cavolfiore, che svolge un ciclo biennale in natura, durante la coltivazione, e uno annuale dal punto di vista colturale. La parte edule della coltura è formata da un elevatissimo numero (alcuni milioni) di meristemi apicali e viene chiamata corimbo. Il nome viene dato in considerazione del fatto che la sua sezione ha una notevole rassomiglianza a una infiorescenza a corimbo. 

Il colore del corimbo è tipicamente il bianco, ma in alcune varietà può essere anche giallo, viola o arancione.

Si presenta circondato da foglie di colore verde glauco, con una nervatura centrale evidente, in numero variabile, da 20 a 40 in funzione della precocità delle cultivar, e dalle dimensioni che variano da 80 a 50 cm di lunghezza andando dal basso verso l’alto. Le foglie apicali avvolgono il corimbo e svolgono un’importante funzione di protezione nei confronti dei raggi solari e delle gelate. Le foglie si originano da un fusto a portamento eretto di altezza variabile tra i 15 e 40 cm, con internodi corti. L’apparato radicale non è molto profondo (circa 60 cm) ed è di tipo fittonante.

il cavolfiore 1

Nel secondo anno, dall’allungamento dei peduncoli carnosi del corimbo si sviluppa la vera infiorescenza del cavolfiore, che è un racemo. I peduncoli, allungandosi, si ramificano più volte portando i singoli fiori. Quelli delle prime ramificazioni abortiscono, mentre quelli della ramificazione dal quarto-ottavo ordine in poi sono fertili e, in seguito alla fecondazione, prevalentemente allogama ed entomofila, portano alla formazione dei frutti che sono delle silique.

La formazione del racemo e dei frutti del cavolfiore, se destinati all’alimentazione umana, non vengono mai raggiunti per via della raccolta del corimbo.

Coltivazione del cavolfiore: l’importanza delle condizioni pedoclimatiche 

Il cavolfiore è una coltura orticola che ben si adatta ai climi temperati. Il suo zero di vegetazione, ovvero la temperatura al di sotto del quale si interrompe l’attività vegetativa, è di 6 °C con valori ottimali che si aggirano tra i 18 e i 22 °C. Spesso per questa pianta si ricorre alla semina in semenzaio, che consente di far crescere le giovani piantine in un ambiente protetto per poi trapiantarle in pieno campo dopo circa 40 giorni. Il cavolfiore è una pianta abbastanza esigente in termini di spazi, pertanto il sesto d’impianto da tenere in considerazione durante l’operazione del trapianto deve essere di circa 50-60 cm, con una certa percentuale di variabilità da determinare in base alle cultivar da impiantare. 

il cavolfiore 2

La temperatura è un parametro importante anche per la formazione del corimbo.

Le varietà a ciclo autunno-vernino, coltivate nei nostri ambienti, richiedono un periodo detto di vernalizzazione (a basse temperature) per indurre la formazione del corimbo. Se tale induzione non è completa, a causa di un ritorno precoce di temperature superiori a 20°C, si può verificare un ritorno allo stadio vegetativo con sviluppo di foglioline all’interno del corimbo, detto virescenza o frondescenza

Per quanto riguarda le esigenze pedologiche, invece, il cavolfiore richiede un terreno di medio impasto. Inoltre, deve essere ben umidificato: la coltura, infatti, soprattutto nelle prime fasi di crescita teme la siccità. Non bisogna però esagerare con l’irrigazione perché il cavolfiore è anche particolarmente suscettibile al ristagno idrico e vulnerabile a malattie fungine. A fronte di un periodo autunnale spesso interessato da abbondanti precipitazioni, particolarmente utile può risultare la pratica della vangatura del terreno, che – oltre a favorire un rapido assorbimento delle piogge in eccesso – consente di tenere sotto controllo le erbe infestanti.

Un’altra pratica favorevole è poi utilizzare la coltivazione del cavolfiore come intercalare tra altre colture come leguminose e graminacee, in modo da evitare la monosuccessione, tecnica che favorisce lo sviluppo di malattie e parassiti, soprattutto a causa dei residui vegetali lasciati in campo. 

Dai numerosi benefici per la salute, grazie al suo elevato contenuto di vitamine, minerali, fibre e composti antiossidanti, il cavolfiore è sempre più al centro dell’attenzione di tecnici ed esperti.

La sua importanza nell’alimentazione e la richiesta da parte dei consumatori hanno inoltre portato nel tempo all’ottenimento di numerose varietà che, oltre a conferire caratteristiche apprezzabili nel consumo umano, permettono di ampliare il calendario di produzione, rendendo il cavolfiore disponibile sui banchi dell’ortofrutta per un periodo abbastanza prolungato durante l’anno. Tutt’oggi sono ancora in atto programmi di miglioramento genetico per l’ottenimento di varietà sempre meno suscettibili all’attacco delle principali avversità, rendendone la coltivazione più semplice e produttiva.

 

Donato Liberto
©fruitjournal.com

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