Coltivare un pomodoro nello spazio potrebbe sembrare alquanto fantascientifico, ma c’è già chi sta pensando alla raccolta, tra l’inizio e la metà del prossimo anno. È il caso di Martha L. Orozco-Cardenas, direttrice del Plant transformation research center dell’Università della California di Riverside, e del professore associato Robert Jinkerson, che hanno posto come obiettivo della loro ricerca, lunga più di cinque anni, la coltivazione dei pomodori in ambienti “extraterrestri”. Il progetto rientra in una missione della NASA (l’ente responsabile delle attività aeronautiche e aerospaziali di interesse civile degli USA) denominata “Advanced Plant Mission 08”, durante la quale si stanno studiando le modalità per mitigare parzialmente la risposta delle piante allo stress dovuto a condizioni di microgravità attraverso mezzi di ingegneria genetica.
Dagli esperimenti effettuati si è notato che, rispetto alle tradizionali coltivazioni di pomodoro, quelle più adatte alle specifiche condizioni di sviluppo nello spazio erano le piantine più basse, alte pochi centimetri.
Una caratteristica che è risultata essenziale per adattarsi agli spazi stretti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Per questo motivo, i ricercatori hanno utilizzato un tipo di tecnologia di editing genetico con l’obiettivo di ridimensionare le normali piante di pomodoro e ridurre, così, il rapporto tra foglie, steli e frutti. La tecnologia, denominata “Small plants for space expeditions“, potrebbe essere essenziale per sviluppare altre colture adatte all’agricoltura nello spazio.
Le piantine di pomodoro sono attualmente in fase di osservazione presso il Kennedy Space Center della NASA a Cape Canaveral, in Florida. L’evento clou del progetto ci sarà nel momento in cui i semi raggiungeranno la ISS, in orbita a circa 260 miglia (circa 418mila km) dalla Terra.
Al netto delle dimensioni più ridotte, però, i ricercatori hanno constatato qualcosa di sorprendente e cioè che la resa delle piantine di pomodoro rimaneva sostanzialmente la stessa, così come non è stata evidenziata una variabilità per quanto riguarda i calibri dei frutti. Il risultato è che, quindi, al di là di una crescita vegetativa ridotta, c’è una produzione costante di frutti. Inoltre, è stato osservato sempre dai ricercatori americani, che non cambiava nemmeno il tempo tra la semina e la raccolta rispetto a un pomodoro coltivato in condizioni “terrestri”. Anzi, a volte, si è riscontrato un tempo di fioritura persino più rapido per i pomodori coltivati per lo spazio.
Il motivo della scelta del pomodoro da coltivare fuori dall’atmosfera terrestre è presto detto. La necessità è legata all’alimentazione degli astronauti durante le missioni di lunga durata. Fornire cibo all’equipaggio di una stazione spaziale, infatti, non solo comporta numerosi problemi logistici, ma anche di ingenti costi economici. Grazie alla coltivazione dell’orticola, infatti, chi è a bordo potrà avere a disposizione numerose sostanze nutritive, altrimenti difficili da sintetizzare all’interno dei prodotti liofilizzati. Ma non solo, anche dei benefici psicologici, tra i quali il miglioramento dell’umore e la riduzione dello stress.
L’idea di portare il pomodoro nello spazio non è nuova, così come per altre colture.
Era il 2015 quando a bordo della Stazione Spaziale Internazionale fu coltivata con successo la lattuga romana rossa. Fu il primo esperimento che cercò di porre le basi all’agricoltura nello spazio. L’insalata fu coltivata in una serra idroponica denominata “Veggie” grazie all’utilizzo di luci LED e un sistema specifico di irrigazione.
Sul fronte italiano, invece, lo scorso gennaio era stato brevettato dall’agenzia ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) “San Marziano“, un pomodoro della varietà ciliegino nano resistente alle radiazioni ionizzanti tipiche dello spazio, al di fuori dell’atmosfera terrestre. Sviluppato nei laboratori di Casaccia, in provincia di Roma, in futuro potrà essere coltivato in serre idroponiche a bordo di navicelle spaziali, resistere alle radiazioni e fornire allo stesso tempo nutrienti preziosi agli equipaggi durante le missioni di lunga durata. La varietà di pomodoro è stata modificata geneticamente al fine di riattivare la produzione di antocianine, sostanze che hanno permesso di ampliare la resistenza ai raggi gamma, usati in laboratorio per simulare la radiazione cosmica.
Rivoluzioni epocali
Nell’agricoltura, forse il settore più legato a tradizioni e usanze millenarie, negli ultimi anni, si sta assistendo a rivoluzioni epocali, necessarie per ovviare a problemi di varia natura, quali possono essere le conseguenze del cambiamento climatico, le crisi di produzione e, come in questo caso, l’abbattimento di costi per gli alimenti degli astronauti. Senza tralasciare l’elemento etico che pure è importante, sicuramente la scienza al servizio dell’agricoltura portetà grandi frutti, utili a ripensare l’intero settore.
Silvio Detoma
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