Sempre più frequentemente si sente parlare di declino degli impollinatori. Ma qual è lo stato in cui versano oggi questi insetti tanto preziosi per la frutticoltura? Abbiamo posto la domanda al professor Enrico de Lillo, che collabora con il dott. Giovanni Tamburini al progetto “Pollin-Actor”.
“Pollin-Actor” è un progetto scientifico promosso dall’Università degli studi di Bari che si pone l’obiettivo di misurare l’importanza degli impollinatori per la produzione delle ciliegie negli ecosistemi agricoli pugliesi. Attraverso questo è possibile fare un’analisi sul problema del declino degli impollinatori.
Dopo aver approfondito con il dottor Tamburini presupposti e obiettivi del progetto, Enrico de Lillo, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (Di.S.S.P.A.), analizza il complesso fenomeno del declino degli insetti impollinatori.
Si sente parlare di declino degli impollinatori. Quanto è vero?
Purtroppo non si tratta di una fake news. Sono molteplici, infatti, le organizzazioni sovranazionali (ONU, EU, ecc.) che da tempo hanno dichiarato una perdita significativa di biodiversità animale e vegetale. In Europa come nel Nord America, l’abbondanza e la diversità degli impollinatori selvatici sono indicate in diminuzione sia a livello locale che su scala regionale. A ulteriore conferma, la percentuale del rischio di estinzione stimata intorno al 40% dall’IPBES (piattaforma intergovernativa politico-scientifica dell’ONU sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici). Senza dubbio, più che l’estinzione, occorre valutare l’abbondanza degli impollinatori sul territorio. Questa, infatti, è ben documentata per quanto riguarda le api da miele, mentre è più difficile da quantificare per gli altri impollinatori.
Generalmente, la perdita di abbondanza e l’estinzione di un vertebrato hanno molto più appeal e risonanza rispetto a quella di un invertebrato, come nel caso degli insetti. Tra l’altro, lo studio delle composizioni faunistiche degli ecosistemi, realizzato su base campionaria, è sempre complesso e articolato, rappresentando un limite nell’analisi del fenomeno.
Quali fattori hanno causato e causano il declino degli impollinatori?
Quando si parla di declino degli impollinatori, si descrive un fenomeno complesso e dalle numerose concause non sempre facili da accertare. Senza dubbio, l’alterazione del territorio naturale (frammentazione, riduzione e scomparsa degli ecosistemi, erosione del territorio, degrado, ecc.) e i cambiamenti climatici hanno giocato un ruolo di primo piano. A questi due fattori, però, si devono aggiungere l’inquinamento biologico (diffusione di agenti patogeni, parassiti, competitori) e chimico (metalli pesanti, prodotti per la protezione delle piante, sostanze chimiche varie e non solo quelle applicate in agricoltura) che nel corso del tempo hanno seriamente compromesso lo stato di numerose specie animali, impollinatori compresi, incrementando così il loro progressivo declino.
È opportuno osservare che non si devono criminalizzare i prodotti per la protezione delle piante, ma coloro che non li applicano correttamente. Entro tale prospettiva, risulta di primaria importanza l’addestramento professionale e la conoscenza approfondita della questione. Fortunatamente, questo tema ha oggi l’attenzione dei legislatori, degli enti territoriali e di ricerca, tra cui l’Università, che stanno indirizzando i loro sforzi in questa direzione. La stessa strategia “Farm to Fork” della Commissione Europea muove in questo senso.
Quali sono le ricadute del declino degli impollinatori?
Per comprendere quali possono essere le conseguenze negative del declino degli impollinatori bisogna avere una visione più ampia. Innanzitutto, bisogna tenere a mente l’importanza delle reti trofiche e come una variazione qualitativa e quantitativa possano modificare la trama di questa rete, rendendola più fragile e delicata. Il declino degli impollinatori, inoltre, determina una semplificazione e fragilità degli ecosistemi, con un aumento significativo dell’esposizione al degrado.
E in merito alle ricadute negative del declino degli impollinatori, è importante ribadire che gli impollinatori sono indispensabili non solo in funzione delle produzioni di frutta e semi da destinare all’alimentazione umana e animale, ma anche per la vegetazione a sostegno di numerose reti trofiche che, pur non presentando necessariamente un interesse umano diretto, hanno un’incidenza sull’ecosistema.
Tirando le somme, allora, quali accorgimenti si potrebbero adottare per contrastare il declino degli impollinatori?
In prima battuta, sarebbe opportuno procedere con l’applicazione di pratiche di conservazione e miglioramento degli habitat. Accanto a questo, un fattore altrettanto decisivo sarebbe l’ottimizzazione della gestione degli ecosistemi, come già avviene con l’agricoltura sostenibile in ambito agrario. Senza dubbio, però, una maggiore consapevolezza del ruolo che ogni singolo individuo svolge nella quotidianità (gestione dei rifiuti, impiego dei mezzi di trasporto, utilizzazione delle risorse, ecc.) e un’attenta operazione di educazione collettiva e applicazione quotidiana potrebbero accrescere la sensibilità verso questi temi e fare la differenza nella lotta al declino di qualsiasi organismo vivente, impollinatori inclusi. Non va dimenticato che è compito di tutti conservare questo mondo per i nostri figli, nipoti e altri che verranno. Dipende da noi.
Ilaria De Marinis
©fruitjournal.com