È recente e ha incuriosito anche i non direttamente interessati la notizia circa l’approvazione negli Stati Uniti d’America del primo vaccino per le api da miele al mondo. Creato dall’azienda Dalan Animal Health, offre ad apicoltori e agricoltori statunitensi un valido mezzo per controllare e limitare la diffusione del batterio agente di peste americana, malattia delle api presente anche in Italia. Quella del vaccino è però una strada che, come condiviso anche da apicoltori italiani, andrebbe perseguita non solo per il bene delle api e dell’ambiente, ma anche nell’interesse degli agricoltori.
Avere famiglie di api sane significa infatti incrementare l’efficienza di volo dei pronubi che, a sua volta, si traduce in maggiori rese produttive. Questo concetto, ormai noto ai più, è oggi messo in pratica dagli agricoltori anche mediante la disposizione in azienda di alveari affittati da apicoltori specializzati. Si tratta di una pratica sicuramente valida, ma con rischi e conseguenze non indifferenti. Tra questi, in modo particolare, la diffusione delle malattie delle api.
Per approfondire la questione, abbiamo intervistato Debora Corsini, tecnico agronomo presso l’azienda agricola biologica “Apicoltura Lamonarca”. Sita in agro di Ruvo di Puglia e Terlizzi (BA), l’azienda conta 200 alveari per la produzione di miele e si occupa della produzione di olive e mandorle.
Quanto sono importanti le api?
Le api rivestono un ruolo fondamentale soprattutto per quelle specie con caratteri di autoincompatibilità e che, non essendo autofertili, necessitano della presenza di vettori del polline. Un’importanza ben presto colta anche dalla titolare dell’azienda, Lucia Lamonarca. Inizialmente, infatti, l’azienda si occupava della produzione di ciliegie, per le quali era bene disporre di api per l’impollinazione. Da essere un’esigenza, tale pratica ha però acquistato sempre più centralità e oggi – grazie alla visione lungimirante di Lucia – le api sono il fulcro delle attività aziendali.
Per fare un esempio e comprendere la loro importanza, cito il caso del mandorlo che già a fine febbraio entra in fioritura.
A prescindere dai caratteri di autofertilità o autoincompatibilità delle diverse varietà di mandorlo, portiamo gli alveari nei mandorleti sia per favorire l’impollinazione che per nutrire le api stesse. Ciò che abbiamo notato è che l’impollinazione delle api consente di incrementare le rese produttive e le qualità organolettiche, anche per quelle varietà di mandorlo che non hanno problemi di autoincompatibilità.
Si tratta di una pratica tanto importante quanto delicata. Nel caso dell’azienda Lamonarca, cerchiamo di adottare tutte le attenzioni e cure necessarie, ma ci sono realtà di agricoltori che per impollinare le piante della propria azienda, piuttosto che affittare famiglie di api, affittano gli sciami. Si tratta di famiglie più piccole che, soprattutto se poco controllate e non ben gestite da parte degli apicoltori, sono più facilmente soggette a indebolimenti e saccheggiamenti. Il saccheggiamento è quel fenomeno per cui famiglie di api più forti e sane attaccano le famiglie di sciami più deboli, solitamente affette da malattie. In questo modo le api delle famiglie predominanti entrano in contatto con le api delle famiglie meno forti e malate e avviene la contaminazione e diffusione degli agenti di malattia.
Come avviene la gestione delle arnie presso l’azienda Apicoltura Lamonarca?
L’azienda è da anni in regime di agricoltura biologica, per cui anche quando spostiamo gli alveari per portare le api a bottinare scegliamo accuratamente i terreni che sono quelli della nostra azienda o quelli di altre aziende biologiche o zone incontaminate come l’Alta Murgia e il Monte Vulture. In passato gli alveari dell’azienda erano messi a disposizione di agricoltori che volevano affittarli e usarli nella propria azienda ma, a seguito di eventi spiacevoli come i trattamenti in fioritura e il rischio di malattie, la titolare ha deciso di non offrire più questo servizio. Per gli agricoltori che non dispongono di alveari propri – situazione normale e assai diffusa – il consiglio è sicuramente quello di rivolgersi ad apicoltori specializzati o di acquisire loro stessi delle competenze sulla gestione degli alveari in azienda. Ad oggi, purtroppo, i mezzi per il controllo di malattie delle api sono molto limitati sia per disponibilità che per efficacia, quindi è necessario adottare tutte le cure volte a prevenire situazioni spiacevoli.
Quali sono le malattie più diffuse?
Così come tante e diffuse sono le malattie dell’uomo e delle piante, molteplici sono quelle che colpiscono le api. Tra queste, ad avere il maggior impatto sull’apicoltura, è la malattia causata dall’acaro Varroa destructor, seguita dalla peste americana e quella europea. Tra i mezzi di controllo a disposizione ci sono quelli biologici, come gli acidi organici, e quelli meccanici.
Nel caso specifico della peste americana, oggi la prevenzione mediante controlli e visite periodiche delle famiglie di api e l’uso di strumenti di diagnosi sono sempre più al centro dell’attenzione mediatica. In merito alle visite, quando si ha il sospetto di malattia, è importante sterilizzare tutti gli attrezzi. Allo stesso modo quando si diagnostica la malattia, è opportuno darne pronta comunicazione all’ASL, distruggere l’alveare stesso con il fuoco seguendo un preciso protocollo e disinfettare gli attrezzi come leva e affumicatore. Il tutto al fine di debellare anche le spore del batterio agente di peste americana. Queste spore, infatti, possono resistere tranquillamente per diverse decine di anni.
Qual è la tua opinione circa il vaccino contro la peste americana delle api?
In Italia è riconosciuta una certa importanza alle malattie delle api, tanto che esiste un settore apistico dell’ASL per cui ci sono veterinari qualificati che ispezionano e visitano regolarmente gli alveari. Nonostante questo e la sempre maggiore sensibilizzazione al tema, ritengo che il vaccino sia un sistema molto valido. Qualora dovesse essere consentito anche nel nostro Paese, tanti sarebbero i vantaggi per gli apicoltori e gli agricoltori che si occupano di agricoltura biologica e non. La protezione delle api sarebbe sicuramente elevata e si ridurrebbero i rischi di contaminazione.
Di fatto, sebbene questa realtà possa sembrare ad alcuni lontana dalla coltivazione di colture da reddito o una cosa abbastanza scontata, è bene ricordare che le api malate non lavorano bene a discapito di impollinazioni e produzioni. Al contrario, api in salute possono persino aumentare le rese di quelle colture che, per caratteristiche biologiche, non hanno bisogno di vettori per intercettare il polline.
Silvia Seripierri
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