Certificazioni, con SPRING tutela e valore all’acqua

Dalla valutazione dei rischi alla conformità legale, questo add-on di GLOBALG.A.P. traduce la gestione idrica in criteri misurabili e verificabili, offrendo uno strumento di credibilità e sostenibilità

da Ilaria De Marinis
certificazioni spring

Per decenni la qualità dei prodotti agricoli si è misurata sulla sicurezza alimentare, sulla riduzione degli input chimici e sul rispetto delle buone pratiche agricole. Oggi il discrimine vero è l’acqua: non solo quanta se ne utilizza, ma come viene prelevata, distribuita, tracciata e protetta. In un mondo in cui la pressione sulle risorse idriche è crescente, la gestione sostenibile dell’acqua è diventata un fattore di credibilità per i produttori e un requisito imprescindibile per i buyer internazionali, sempre più attenti a certificazioni che attestino la conformità a standard riconosciuti. È in questo scenario che GLOBALG.A.P. ha sviluppato SPRING, un add-on che estende lo standard IFA e che traduce il concetto di gestione delle risorse idriche in regole misurabili, documenti verificabili e pratiche di campo osservabili.

Certificazioni agroalimentari: che cos’è SPRING

SPRING, acronimo di Sustainable Program for Irrigation and Groundwater Use, è una certificazione volontaria dedicata alle produzioni vegetali che si integra direttamente con l’audit GLOBALG.A.P. IFA. Il programma, adottato oggi in oltre trenta Paesi e riconosciuto da iniziative come SIFAV e WWF Spagna, fornisce un quadro tecnico e legale per dimostrare che l’uso dell’acqua in azienda è conforme, razionale e rispettoso degli ecosistemi. La versione 2, entrata in vigore nel gennaio 2024, ha semplificato l’impianto di requisiti, ma ha innalzato l’attenzione sulla conformità legale, introducendo un obbligo esplicito di documentare autorizzazioni e portate di prelievo e di dimostrare la congruenza tra permessi, mappe aziendali e realtà di campo.

mappa certificazioni spring (1)

Fonte: www.globalgap.org

Dal rischio al piano: come funziona

Il cuore di SPRING è un processo ciclico che parte da una valutazione dei rischi legati alle risorse idriche, aggiornata almeno una volta l’anno e firmata dalla direzione aziendale. Questa analisi considera qualità delle fonti, vulnerabilità della falda, rischio di contaminazioni, efficienza dei sistemi di distribuzione e impatti potenziali dell’azienda sul bacino idrico circostante. Da qui discende un vero e proprio piano di gestione dell’acqua, con obiettivi concreti e misurabili, formazione del personale e un sistema di autocontrollo interno. Il tutto non è pensato come un mero adempimento documentale, ma come la traduzione di un approccio tecnico in scelte quotidiane: manutenzione delle reti, registrazione dei consumi, calibrazione dei turni irrigui sulla base dei fabbisogni colturali e, quando possibile, adozione di sistemi di raccolta della pioggia o di ricircolo delle soluzioni nutritive in idroponica.

Certificazioni SPRING: il ruolo della legalità

L’elemento forse più innovativo di SPRING è l’enfasi sulla legittimità d’uso dell’acqua. Non basta irrigare in modo efficiente: occorre dimostrare di avere titoli autorizzativi in regola, di rispettare le quantità massime consentite e di operare in un quadro coerente con la normativa locale. Parallelamente, la certificazione richiede di proteggere fisicamente le fonti idriche, con misure come le fasce di rispetto lungo i corsi d’acqua e la corretta gestione delle acque reflue aziendali. È un approccio che integra agronomia, diritto e ambiente, e che riduce il rischio reputazionale per chi produce e per chi acquista.

Un linguaggio comune per la filiera

Alla fine, ciò che SPRING offre non è un insieme di obblighi aggiuntivi, ma un linguaggio condiviso per rendere l’acqua un input con la stessa dignità di un fertilizzante o di un fitofarmaco. Misurabile, gestibile, auditabile. Non è un dettaglio: nel 2024 erano già oltre 17mila i produttori certificati in 34 Paesi, a dimostrazione che la sostenibilità idrica non è più un dettaglio, ma un criterio di mercato. Non a caso la grande distribuzione sta già strizzando l’occhio a queste certificazioni: Lidl, ad esempio, ha annunciato che entro la fine del 2025 tutti i fornitori di ortofrutta che producono in aree a rischio idrico dovranno ottenere la certificazione SPRING. Una richiesta che coinvolge l’Italia, ma che non sarà semplice da soddisfare, specie in un Paese come il nostro dove la presenza di pozzi non autorizzati rappresenta ancora un problema diffuso. 

In questo senso, SPRING non è soltanto un protocollo tecnico, ma il segno di una trasformazione culturale che sta ridefinendo le regole di accesso al mercato agroalimentare europeo.

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

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