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Sulla mandorlicoltura siciliana soffia vento di crisi. A lanciare l’allarme Cia Sicilia Orientale, attraverso il suo presidente Giosuè Catania, che evidenzia come la siccità prolungata degli ultimi anni abbia causato un calo produttivo del 70% nell’annata produttiva 2023-2024. A detta del presidente dell’associazione, se questa situazione climatica dovesse persistere, il comparto rischia un collasso totale, con gravi ripercussioni economiche per l’intera filiera.
Mandorlicoltura siciliana, un comparto strategico a rischio
In Sicilia, il comparto del mandorlo interessa una superficie di circa 21mila ettari, con una produzione media annua di 378mila quintali (63mila quintali sgusciati), che rende l’Isola, insieme alla Puglia, la principale area mandorlicola italiana e detentrice di quasi il 10% del mercato mondiale. Gli effetti del cambiamento climatico, però, hanno messo a dura prova il comparto. Le temperature invernali al di sopra della media rendendo sempre più arduo il raggiungimento del fabbisogno in freddo della coltura, essenziale per la fioritura e lo sviluppo delle piante. Come pure la perdurante siccità ha compromesso la differenziazione delle gemme a fiore. Una situazione critica a cui si deve aggiungere anche la grave emergenza idrica in cui versa le Regione, con disponibilità di acqua sempre più limitata specialmente durante le fasi critiche della coltivazione.
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L’appello della Cia Sicilia Orientale
Di fronte a questa emergenza, il presidente di Cia Sicilia Orientale, Giosuè Catania, ha inviato una lettera all’assessore regionale all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo, sollecitando un incontro con una delegazione di produttori. L’obiettivo è analizzare le criticità del comparto e individuare misure di sostegno adeguate. “Tra tutte le misure promosse dalla Regione siciliana per far fronte alle perdite copiose della produzione agricola e zootecnica in questi lunghi mesi di siccità, non sono presenti interventi diretti sulle coltivazioni arboree, di cui la Sicilia è un importante produttore – fa sapere. – Fra queste, la mandorlicoltura ha subito un calo produttivo del 70% nell’ultima annata agraria 2023-2024”.
Come ribadito, l’assenza di misure concrete per il comparto rischia di compromettere non solo la produzione, ma anche la sostenibilità economica delle aziende agricole. “Qualora perdurasse la situazione climatica riscontrata nelle scorse annate, l’intera produzione potrebbe scomparire” – avverte il presidente della Cia Sicilia Orientale.
Un marchio IGP per la mandorla siciliana
Tra le soluzioni avanzate dall’associazione vi è la creazione di un disciplinare per ottenere l’Indicazione Geografica Protetta (IGP). Un marchio che consentirebbe di certificare la qualità della mandorla siciliana e rafforzarne la posizione sui mercati nazionali e internazionali. “Tale riconoscimento – spiega Catania – contribuirebbe a valorizzare il nostro prodotto, storicamente annoverato tra i migliori al mondo, garantendo una maggiore tracciabilità e certificazione ai consumatori”.
Il tutto all’interno di un contesto come quello attuale, in cui la Sicilia deve confrontarsi con concorrenti internazionali sempre più aggressivi. Si pensi alla California che oggi detiene circa l’80% della produzione globale di mandorle o alla Spagna, principale Paese produttore europeo. Non solo: negli ultimi anni, anche la Turchia sta investendo sempre più nel comparto della frutta a guscio, con sviluppi promettenti. In questo scenario competitivo, il riconoscimento dell’IGP potrebbe rappresentare uno strumento essenziale per difendere la mandorlicoltura siciliana e incentivarne la crescita.
L’allarme di CIA risuona forte e chiaro. Ma se la politica continuerà a ignorare il grido d’allarme dei produttori, la Sicilia rischia di vedere vacillare una delle sue eccellenze agricole. Le parole e le promesse d’altronde non irrigano i campi né salvano le imprese: servono azioni immediate e investimenti strutturali. Senza interventi concreti, il futuro della mandorlicoltura siciliana è già scritto, e la colpa non sarà certo imputabile esclusivamente alle conseguenze di un clima che cambia.
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Ilaria De Marinis
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