Peronospora della cipolla: una panoramica 

Provocata dal fungo Peronospora destructor, questa avversità colpisce cipolla e altre liliacee del genere Allium. Come proteggere le colture? 

da f.delvecchio

Non si tratta di un’avversità nuova per l’agricoltura, ma di una presenza ricorrente che continua a mettere in difficoltà le produzioni di cipolla e altre liliacee del genere Allium – come scalogno, aglio e porro. Si tratta della peronospora della cipolla una malattia crittogamica in grado di compromettere in modo significativo sia la quantità del raccolto che la qualità dei bulbi. Provocata dal fungo Peronospora destructor, questa avversità si manifesta con macchie decolorate, allungate longitudinalmente sulle foglie, che col tempo indeboliscono l’apparato vegetativo. Ma a renderla ancora più insidiosa è la capacità del fungo di diffondersi anche attraverso semi e bulbi infetti, rendendo il rischio di recidiva un problema costante per i produttori.

Il ciclo e le strategie di sopravvivenza di Peronospora destructor 

Come anticipato, il responsabile della peronospora è l’oomicete Peronospora destructor (noto anche come P. schleideni), un patogeno strettamente legato all’umidità. La sua natura igrofila spiega perché le coltivazioni siano più vulnerabili nei periodi piovosi o in zone dal clima costantemente umido. Questo fungo ha sviluppato due strategie per garantire la propria sopravvivenza: la produzione di sporangi, che assicura la diffusione rapida della malattia quando le condizioni sono favorevoli, e quella di oospore, strutture resistenti che gli consentono di superare l’inverno e ripresentarsi l’anno successivo.

Il ciclo infettivo prende avvio durante la notte, con temperature comprese tra 4 e 25 °C e umidità elevata. In queste condizioni, gli sporangi si formano sulla superficie delle foglie infette, emergendo dagli stomi della pianta. Con il calo dell’umidità, si staccano e vengono trasportati da vento e pioggia. La loro vitalità è però limitata: per infettare una nuova pianta hanno bisogno di un sottile velo d’acqua e di temperature non superiori ai 28 °C, con un optimum attorno ai 13 °C. Una volta a contatto con l’ospite, il tubulo germinativo penetra attraverso gli stomi e invade gli spazi intercellulari, sottraendo nutrimento dalle cellule vegetali. Dopo un periodo di incubazione di una o due settimane, il ciclo si ripete con la produzione di nuovi sporangi, dando vita a successive ondate infettive. Il rischio aumenta quando più notti consecutive presentano umidità vicina al 100%, seguite da piogge o rugiade persistenti al mattino: condizioni ideali per un’esplosione epidemica. 

Oltre alle oospore, P. destructor riesce a superare la stagione invernale anche grazie al micelio sopravvissuto nei bulbi infetti. In questo caso, le giovani piantine nate da bulbi contaminati possono manifestare l’infezione in modo sistemico fin dalle prime fasi di crescita.

Sintomi e danni 

Dal punto di vista sintomatologico, le prime tracce dell’infezione compaiono sulle foglie, dove si formano macchie decolorate e allungate, di dimensione variabile. Se l’umidità è elevata, queste lesioni si allargano fino a confluire tra loro, ricoprendosi di una muffa grigio-violacea tipica della malattia. Al contrario, in condizioni di aria secca, i tessuti già danneggiati diventano terreno fertile per altri funghi opportunisti come quelli del genere Stemphylium e Alternaria. Con il tempo, le foglie colpite iniziano a ingiallire, disseccarsi dalla punta e piegarsi verso terra, innescando processi di marcescenza. Questo decadimento dell’apparato fotosintetico si traduce in bulbi più piccoli, meno sviluppati e di qualità nettamente inferiore.

Ma non finisce qui. La sintomatologia può interessare anche gli scapi fiorali, rendendoli fragili e – nei punti lesionati – più inclini a spezzarsi, compromettendo la produzione di seme.

peronospora della cipolla

Peronospora della cipolla. Fonte: BASF

Prevenire la peronospora della cipolla

La lotta alla peronospora richiede una strategia integrata. Come accade per gran parte delle avversità che colpiscono le colture, la prevenzione è la prima arma a disposizione degli agricoltori: una corretta gestione agronomica, infatti, può ridurre in modo significativo la gravità della malattia e garantire la salute dei raccolti. Tra le pratiche più efficaci rientrano una buona lavorazione dei terreni (che devono essere ben drenati e non argillosi), la rimozione delle piante spontanee, il controllo delle erbe infestanti e la rotazione delle colture. Altrettanto importante è la scelta di bulbi esenti da infezioni sistemiche, che rappresentano una delle principali vie di diffusione del fungo. 

Sono invece da evitare dosi eccessive di fertilizzanti, semine troppo fitte e irrigazioni abbondanti, tutti fattori che aumentano sensibilmente la gravità degli attacchi di peronospora.

Il supporto dei modelli previsionali: il caso ONIMIL

Tuttavia, una gestione colturale accurata non sempre basta. In molte annate, l’uso di agrofarmaci risulta inevitabile, soprattutto se effettuato precocemente, nelle prime fasi di sporulazione e infezione. In un’ottica di agricoltura sostenibile, però, questo si traduce in una serie di rischi: maggiore impatto ambientale, incremento dei costi per i produttori e possibilità che il patogeno sviluppi resistenze.
Da qui, l’importanza di aprirsi a nuove frontiere, oggi sempre più numerose grazie ai progressi della ricerca. A riguardo, particolarmente sfruttato è l’impiego di modelli previsionali basati su dati climatici che permettono di monitorare le condizioni in campo e agire in maniera green e tempestiva. In Italia, uno dei principali modelli di riferimento è ONIMIL, sviluppato nel 1996 dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e validato nelle principali aree di produzione della Regione Emilia-Romagna. Il modello calcola il tasso di produzione delle spore a partire dal micelio svernante, sempre presente nell’ambiente, e lo correla a quattro parametri chiave: fotoperiodo, temperatura, umidità relativa e pioggia. Poi, a seconda dell’emergenza, individua il periodo in cui la pianta raggiunge lo stadio più vulnerabile – quello delle 5-6 foglie vere – e fornisce indicazioni precise sul grado di rischio, sulla gravità delle infezioni e sulla possibile comparsa dei sintomi. Grazie a queste informazioni, tecnici e agricoltori possono quindi programmare i trattamenti con maggiore precisione, applicando fungicidi sistemici o di copertura nel momento più efficace.

Una produzione da tutelare

Con oltre 4000 ettari destinati alla coltivazione sementiera, l’Italia continua a rivestire un ruolo strategico nella produzione di cipolle. La peronospora resta un avversario difficile, che costringe produttori e tecnici a non abbassare la guardia, ma i supporti per una buona gestione in campo non mancano. A fare la differenza sarà quindi la capacità di unire alla sostenibilità l’apertura all’innovazione. 

 

Federica Del Vecchio
©fruitjournal.com

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