La coltivazione del pomodoro (Solanum lycopersicum L.) è tra le più diffuse al mondo, con una produzione globale che, secondo le stime del WPTC (World Processing Tomato Council), ha raggiunto un record di 44,2 milioni di tonnellate di pomodori trasformati nel 2023. L’Italia, al terzo posto nella classifica mondiale dei Paesi produttori di pomodoro da industria, ha superato i 5 milioni di tonnellate nello stesso anno. Tuttavia, dietro ogni trasformazione si nasconde una sfida: una grande quantità di scarti – principalmente bucce e semi – viene spesso considerata inutile. Ma se questi “rifiuti” fossero in realtà una risorsa preziosa per la nostra alimentazione?
Un progetto condotto da ENEA e dall’Università della Tuscia ha dimostrato che i sottoprodotti della lavorazione del pomodoro sono ricchi di molecole bioattive, come flavonoidi e antociani, note per le loro potenti proprietà antiossidanti.
Analizzando varietà di pomodoro, tra cui il famoso San Marzano e il Sun Black – quest’ultima dalla caratteristica pigmentazione viola – e dalla variante Colorless fruit epidermis con la buccia trasparente, la ricerca ha evidenziato come bucce e semi, essendo ricchi di antiossidanti, fibre e minerali, possano essere trasformati in ingredienti funzionali per arricchire alimenti come pasta, pane e biscotti. Non solo, lo studio, pubblicato sulla rivista Food Chemistry, ha rivelato che queste molecole bioattive potrebbero avere applicazioni anche in agricoltura, come strumenti di biocontrollo per contrastare patogeni e parassiti. Con questo progetto, gli scarti dell’industria del pomodoro diventano sottoprodotti, aprendo la strada a nuove possibilità nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità.
Lo studio ha messo in luce il notevole potenziale nutrizionale e antimicrobico degli scarti del pomodoro, aprendo nuove prospettive per il loro impiego in ambito alimentare e agricolo.
Uno degli aspetti più interessanti emersi dai risultati riguarda la composizione biochimica delle sanse, caratterizzata da un’alta concentrazione di antiossidanti come antociani, flavonoidi e fenoli. La varietà Sun Black, in particolare, si è distinta per il suo elevato contenuto di antociani, il cui colore viola è indicativo di una presenza significativa di molecole bioattive. Queste sostanze, ben note per il loro ruolo nel contrastare lo stress ossidativo e nel prevenire patologie croniche, rendono la Sun Black una varietà particolarmente promettente per lo sviluppo di prodotti funzionali.
Parallelamente, lo studio ha approfondito le potenziali applicazioni agricole di questi scarti. I test condotti sugli estratti delle sanse hanno dimostrato un’efficace azione contro due patogeni agricoli di grande rilevanza: Pseudomonas syringae, un batterio responsabile di gravi danni alle colture orticole, e Fusarium graminearum, un fungo che colpisce il grano e altre colture cerealicole. Questa scoperta apre la strada a una riduzione significativa dell’uso di agrofarmaci di sintesi, favorendo pratiche di difesa integrata più sostenibili per l’ambiente e più competitive sul mercato.
L’attività antimicrobica e antimicotica dei fenoli presenti negli scarti del pomodoro potrebbe, inoltre, trovare applicazione anche nella fase post-raccolta, contribuendo a prolungare la conservabilità dei prodotti ortofrutticoli. In particolare, è già stato evidenziato come l’accumulo di antociani nella buccia del pomodoro riduca la suscettibilità del frutto a Botrytis cinerea, uno dei principali patogeni del post-raccolta. Questo risultato apre nuove prospettive per la gestione delle infezioni fungine e per il miglioramento della conservazione dei frutti, con potenziali applicazioni estensibili anche ad altre colture orticole.
Da rifiuti a risorse: opportunità per un futuro sostenibile
Lo studio condotto da ENEA e Università della Tuscia ha dimostrato come gli scarti del pomodoro possano essere valorizzati, evidenziando che anche risorse apparentemente marginali possono diventare opportunità strategiche. Questi risultati, inoltre, si inseriscono perfettamente nella strategia Farm to Fork (F2F) dell’Unione Europea, che mira a ridurre lo spreco alimentare del 50% entro il 2030. Il riutilizzo delle sanse del pomodoro come fonte di composti bioattivi non solo promuove la sostenibilità, ma contribuisce a creare filiere circolari e innovative.
In un’epoca in cui la sostenibilità non è più un’opzione ma una necessità, in un contesto di crescenti normative e pressioni sociali, i produttori sono sempre più chiamati a ridurre lo spreco e adottare modelli di economia circolare. Questo studio dimostra che persino dai prodotti di scarto possono nascere opportunità efficaci, non solo per un’agricoltura più sostenibile, ma anche per un’alimentazione più sana. Il percorso delineato è chiaro: ogni risorsa va valorizzata per ridurre gli sprechi e ottimizzare l’efficienza delle filiere agroalimentari.
Donato Liberto
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