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Megaplatypus mutatus: ciclo biologico, difesa e controllo

da Redazione FruitJournal.com 21 Gennaio 2021
21 Gennaio 2021
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Dopo aver analizzato morfologia e presenza sul territorio nazionale del Megaplatypus mutatus, il professor Giacinto Salvatore Germinara approfondisce comportamento riproduttivo, ciclo biologico e controllo del coleottero sudamericano.

Nel corso dell’ultima sessione del Forum di Medicina vegetale, il professor Germinara – docente di Entomologia Generale e Applicata presso il dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente dell’Università di Foggia – ha tenuto una relazione relativa la minaccia rappresentata dal Megaplatypus mutatus per la frutticoltura del Sud Italia.

Riportiamo di seguito la seconda parte del suo intervento.

 

Comportamento riproduttivo
Il megaplatypus presenta un interessante comportamento riproduttivo, in quanto i maschi – considerati il sesso pioniere – sfarfallano leggermente prima delle femmine. Il maschio, infatti, si sposta alla ricerca di una pianta sana nella quale scavare una galleria nuziale (con profondità di circa 3-6 cm) all’uscita della quale viene di seguito predisposta una corona realizzata con il rosume ottenuto dall’attività stessa. L’aspetto affascinante è che questo tipo di rosume è molto polverulento, favorendo così la possibilità di riconoscere – in fase di monitoraggio – se quel foro sia dovuto a una galleria scavata dal maschio oppure una galleria larvale.

Preparata la corona, il maschio espone il proprio addome emettendo un feromone con cui richiama la femmina. Attratta da questo stimolo chimico e – probabilmente – anche dallo stimolo visivo rappresentato dalla corona, la femmina giunge quindi in prossimità del foro. A questo punto il maschio esce dalla galleria e, se c’è approvazione da parte della femmina i due entrano all’interno della “camera nuziale”, avviene l’accoppiamento.

In una fase successiva, la coppia comincia nuovamente a scavare una galleria tortuosa – sul piano orizzontale della pianta – lungo la quale verranno deposte le uova e inoculate le spore di un fungo simbionte. Quest’ultimo viene dunque trasportato all’interno di specifiche strutture dell’esoscheletro del coleottero definite micangi (non ancora ben individuate nel caso del Megaplatypus mutatus), all’interno delle quali si accumulano i secreti di alcune ghiandole che probabilmente servono a inibire lo sviluppo di microrganismi inquinanti oppure a evitare la disidratazione del fungo simbionte.
Inoculato il fungo, le larve di prima e seconda età – avendo regime alimentare micetofago – si nutrono del micelio del simbionte, mentre le larve delle età successive si nutriranno anche del legno.

All’interno di una galleria possiamo trovare centinaia di larve e la loro presenza è caratterizzata dall’emissione di un tipico rosume a forma di pellets, molto più compatto e diverso da quello prodotto inizialmente dal lavoro di erosione del maschio.

Infine, la larva matura scava una camera pupale perpendicolare alla galleria scavata dall’adulto. All’interno di questa camera si impupa e dà origine a un nuovo adulto.

 

Ciclo biologico

In foto: Ciclo biologico Megaplatypus mutatus.


Dalle osservazioni in campo condotte in questi anni, emerge che il megaplatypus compie una generazione all’anno, con svernamento allo stadio di larva all’interno delle gallerie. A fine aprile compaiono le pupe, cui segue l’adulto dopo una-due settimane. Le pupe avviano quindi la loro attività di ovideposizione.

Non solo: le larve che svernano rimangono all’interno delle gallerie fino all’ottobre successivo. Ne consegue che il periodo del volo dell’adulto è molto alto, perché va dal mese di maggio fino agli inizi di dicembre.
Inoltre, non è da escludere che una parte delle larve che si formano nel periodo estivo possano completare il loro sviluppo anche entro lo stesso anno.

 

Piante ospiti di M. mutatus rilevate in Italia

 

In foto: Elenco delle piante attaccate rilevate in Italia nel corso di diversi monitoraggi.


L’ospite principale per megaplatypus è il pioppo. Tuttavia, di recente il coleottero si è ambientato molto bene nei nostri ambienti, soprattutto su nocciolo, kaki e molte altre specie.

In realtà, gli adulti e il maschio riescono ad attaccare quasi tutte queste piante, laddove le larve non sempre riescono a completare il proprio ciclo.
In particolare, si è osservato che soprattutto su drupacee (ma anche su kaki) la pianta emette gommosi, che il maschio è in grado di espellere dalla galleria nuziale durante la preparazione della stessa.

 

Danni
I danni da megaplatypus coinvolgono prevalentemente le gallerie larvali. In particolare, gli attacchi del coleottero indeboliscono la resistenza meccanica della pianta che diviene quindi soggetta a rotture da vento.
Tra gli altri, si può osservare anche un’alterazione della qualità del legno, non tanto per le gallerie che vengono scavate, ma anche e soprattutto per la diffusione del fungo simbionte che determina un indebolimento dei tessuti.
Nel complesso vi è dunque un generale indebolimento della pianta che – di conseguenza – può diventare maggiormente suscettibile anche agli attacchi di parassiti secondari, tra cui alcuni patogeni da ferita e altri scolitidi.

 

Monitoraggio
Per rilevare la presenza del megaplatypus, di primaria importanza sono i campionamenti visivi che – a seconda del rosume – permettono l’individuazione di gallerie maschili o femminili.
Un’altra modalità di monitoraggio può essere effettuata posizionando dei barattoli di plastica forati sulle gallerie larvali che permettono di catturare gli adulti al momento della fuoriuscita. Questa tecnica consente anche di monitorare il volo degli adulti.
Infine, è stato identificato il feromone sessuale di questo insetto che può essere quindi utilizzato per azionare delle trappole che facilitano la rilevazione della presenza del coleottero in nuovi ambienti e il monitoraggio del volo degli adulti.

 

Difficoltà di controllo
Il controllo di Megaplatypus mutatus è molto complicato, poiché legato a diverse variabili:
– il lungo periodo di volo degli adulti;
– lo sviluppo delle larve all’interno della pianta;
– la mancanza di principi attivi registrati su questi insetti;
– la micetofagia delle larve giovani che quindi non si nutrono direttamente dal legno.

La sommatoria di questi aspetti comporta quindi che anche eventuali prodotti sistemici non abbiano efficacia. A questo, si aggiungono poi alcuni problemi tecnici come quelli legati ai trattamenti su piante che sono molto sviluppate.
D’altra parte, negli ultimi anni la regione Campania ha finanziato alcuni progetti del gruppo di ricerca dell’università di Foggia, volti allo studio di molecole attrattive da utilizzare per il monitoraggio e il controllo integrato di Megaplatypus mutatus e successivamente anche per Aromia bugii e Philaenus spumarius, il vettore di Xylella fastidiosa.

 

Attività di ricerca
Nello specifico, attualmente il gruppo di ricerca sta studiando l’ottimizzazione del blend del feromone. In modo particolare si sta lavorando a dei dispensatori sperimentali da utilizzare per il monitoraggio, ma anche per il controllo diretto, attraverso la cattura massale e la confusione sessuale.

Si è inoltre valutato l’effetto di diverse trappole. Un esempio è rappresentato dalle trappole trasparenti che, a parità di feromone, sembrano essere più efficaci rispetto a trappole di diverso colore. Questo probabilmente perchè l’insetto ha bisogno di vedere la silhouette della pianta per potersi orientare meglio verso la trappola.

Si sono svolte anche prove di disorientamento della femmina, utilizzando dei dispensatori di feromone artificiale che abbiamo costruito noi stessi. Si è potuto quindi notare come l’applicazione di questi feromoni determini una drastica riduzione delle fratture all’interno delle aree trattate rispetto a quelle di controllo.

Infine, si stanno valutando anche l’attività di alcuni repellenti di origine vegetale identificati di recente e alcune strategie di lotta guidata che fanno riferimento all’utilizzo sia di insetticidi adulticidi (per bloccare il maschio al momento del volo), sia di fungicidi sistemici che potrebbero interferire efficacemente sulla simbiosi con il microrganismo simbionte.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

 

 
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