Mandorlo: proposte per una visione moderna di una coltura tradizionale | parte II

da Redazione FruitJournal.com

Per indicare le esigenze nutrizionali della specie è indispensabile basarsi sulle analisi chimiche del terreno investito dalla coltura ogni 3-5 anni.

Tuttavia, al fine di fornire notizie utili su come comportarsi, riferendosi alla tecnica della concimazione frazionata, che prevede la restituzione degli elementi asportati dai frutti, aumentati del 50% se si allontana anche il legno di potatura, per il calcolo degli elementi asportati ci si può regolare come segue:

  • N – azoto: 2,5 gr per kg frutti
  • P – fosforo: 0,25 gr per kg frutti
  • K – potassio: 2,0 gr per kg frutti
  • Ca – calcio: 0,30 gr per kg frutti

Microelementi: secondo indicazioni da analisi del terreno e fogliari.Circa l’epoca di somministrazione degli elementi nutritivi con fertirrigazione, è buona norma frazionare gli apporti durante la stagione, così da fornire gli elementi nutritivi in relazione al ciclo fenologico della coltura.

Per l’azoto sarebbe opportuno fornire il 30% alla ripresa vegetativa, il 40% prima dell’indurimento del nòcciolo ed il re-stante 30% in post raccolta. Per fosforo e potassio, il 40% alla ripresa vegetativa e la re-stante parte in post raccolta. Il calcio invece va tutto somministrato prima dell’indurimento del nòcciolo. Fatte salve queste indicazioni, per gli impianti superintensivi è necessario un abbondante apporto di microelementi, in particolar modo di manganese, per sopperire alle carenze che possono manifestarsi con l’utilizzo di portinnesti a basso e bassissimo vigore come i Rootpac® 20 e Rootpac® 40.

Apporti irrigui

Per ottenere buone produttività non è pensabile oggi coltivare un mandorleto in asciutto.I volumi irrigui necessari possono essere stimati in circa 2.000 m3/ha per impianti tradizionali, per produzioni di 1.500–1.700 kg/ha di seme. Negli impianti superintensivi si calcola che per il raggiungi-mento di una produzione di prodotto sgusciato di 2.000 kg/ha siano necessari almeno 4.000-5.000 m3/ha di disponibilità idrica. L’elemento limitante quindi potrebbe essere il fattore idrico. La distribuzione dell’acqua attraverso impianti a goccia dotati di sistemi di fertirrigazione non può prescindere da strumenti che indicano al tecnico il periodo corretto di somministrazione e le quantità da erogare. Questo si ottiene con vari sistemi, dai più semplici tensiometri alle centraline provviste di sonde, che calcolano anche il grado igrometrico e l’evapotraspirazione della coltura. Occorre però tener presente che le carenze idriche delle varie fasi fenologiche, secondo lo schema dello stress idrico controllato.

A sinistra piante di varietà Guara, a destra piante di Lauranne® Avjior, entrambe su portinnesto Rootpac® 20 alla quarta foglia.

Gestione del suolo

La gestione del suolo deve preservare al massimo i contenuti di sostanza organica, di cui i nostri terreni soffrono di cronica carenza. Sia negli impianti tradizionali, sia per quelli superintensivi, si predilige l’inerbimento dell’interfilare, naturale o con semina controllata, con sfalcio dell’erba quando raggiunge l’altezza di 15-20 cm. In questa maniera il piano di calpestio è sempre carrabile ed è facilitata la movimentazione di mezzi e macchine agricole. Il controllo delle infestanti lungo il filare può essere eseguito o con diserbo chimico o con mezzi meccanici (lame e rotori interceppo), che mantengono il terreno libero dalle erbacce.

Per gli impianti superintensivi le piante sono provviste di shelter per permettere il controllo chimico sulla fila sin dai primi giorni del trapianto. Qualora la coltivazione avvenga in regime di agricoltura biologica, al fine di evitare l’utilizzo di mezzi meccanici che risulterebbero traumatici per l’attecchimento delle piantine e non faciliterebbero una rapida colonizzazione del terreno da parte degli apparati radicali ridotti dei portinnesti, si consiglia l’utilizzo della pacciamatura che assicura un controllo “passivo” per i primi due anni. Successivamente, una volta che le piante si sono ben ancorate, è possibile il controllo meccanico con sarchiatori interceppo di diversa fattura.

Difesa fitosanitaria

Numerosi sono gli organismi nocivi e gli insetti che insedia-no la coltura.Tutti quelli trasmissibili con i materiali di propagazione – virus, viroidi, funghi tracheomicotici ed agenti di marciumi radicali, nematodi endoparassiti – sono facilmente control-labili con l’utilizzo di piante certificate prodotte nell’ambito dei programmi di certificazione volontaria del Mipaaf o utilizzando piante di categoria CAC acquistate da vivaisti accreditati e controllati dal Servizio Fitosanitario Regionale. Le maggiori insidie derivano dai funghi agenti di:

  • marciumi bruni (Monilia laxa e M. fructigena),
  • cancro dei nodi (Fusicoccum amygdali),
  • corineo o impallinatura (Coyneum bejerinckii),
  • macchie rosse delle foglie (Polystigma ochraceum), mentre tra i fitofagi bisogna prestare la massima attenzione a:
  • afidi (Brachycaudus spp., Myzus persicae e Hyalopterus pruni),
  • cimicetta del mandorlo (Monosteira unicostata),• tignola del pesco (Anarsia lineatella),
  • acari (Tetranichus urticae e Panonychus ulmi),
  • capnode (Capnodis tenebrionis).

La protezione contro i miceti sopra indicati è prevalente-mente autunno-invernale con prodotti a base di rame e con la cura delle potature per eliminare pericolose sorgenti d’inoculo. È fondamentale un continuo monitoraggio della coltura per intervenire tempestivamente con i prodotti fitosanitari ammessi dal Disciplinare di produzione integrato della Regione Puglia (www.agrometeopuglia.it/node/29).

A sinistra:gestione del filare con diserbo e dell’interfilare con sfalcio dell’erba, a destra: lavorazione del terreno sia su filare che nell’interfilare

Nuove opportunità per il mandorlo

Le soluzioni tecniche oggi disponibili costituiscono un valido supporto per una moderna e razionale interpretazione della coltura del mandorlo, sia adottando sistemi d’impianto tradizionali, sia i nuovi superintensivi. A lungo considerato una specie minore, bisognosa di pochi input idrici e nutrizionali, per il suo successo produttivo e commerciale esso richiede di essere trattato a tutti gli effetti come una coltura da frutto.

Per fronteggiare le nuove sfide del mercato e dare certezza al reddito dei frutticoltori, l’obiettivo principale resta quello di mettere nelle mani del produttore uno strumento di facile gestione e che permetta la realizzazione di sistemi produttivi sostenibili sotto i profili economico ed ambientale. Solo così operando si potrà dare certezza agli imprenditori, spingendoli ad aver fiducia nei loro investimenti necessari a rafforzare la filiera mandorlicola nazionale in maniera competitiva.Per questo un grosso contributo lo potranno fornire i tecnici di campo (categoria sempre meno numerosa!) che dovranno saper interpretare nel modo corretto le reali esigenze della coltura, le caratteristiche dei nuovi portinnesti e le peculiarità di gestione che un frutteto intensivo richiede. È richiesta dunque un’elevata specializzazione dei tecnici per meglio sfruttare l’innovazione proposta dai programmi di breeding e per trasferire l’enorme know-how sviluppato dalla ricerca nell’attività quotidiana di campo.

Gli esempi di impianti virtuosi in Puglia, sia tradizionali, sia superintensivi, condotti e gestiti in maniera razionale da imprenditori che credono nella coltura, con l’assistenza e consulenza dei tecnici esperti, di certo non mancano. Essi costituiscono la migliore prova tangibile che il mandorlo può tornare ad essere una coltura arborea di primo piano in Regione e nell’Italia meridionale più in generale, che ben si integra al territorio e sfrutta al meglio le risorse naturali, assicurando un reddito dignitoso alle imprese agricole.

 

Autori: Agrimeca Grape and Fruit Consulting srl – Turi (BA)

Per la prima parte: Mandorlo: proposte per una visione moderna di una coltura tradizionale CLICCA QUI.

 

 

 

 

 

 

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