In Basilicata, mancano pochi giorni alla fine della raccolta dei kiwi, ma al momento l’annata non sembra rivelarsi delle più rosee.
A incidere negativamente sulla campagna del kiwi 2022 soprattutto il clima che, tra siccità e gelate estive, ha compromesso qualità e volumi dei frutti di diversi areali produttivi.
Tra questi, il Metapontino dove – almeno per quest’anno – l’andamento della stagione non ha soddisfatto i produttori. Ne abbiamo parlato con Maddalena Di Napoli, imprenditrice agricola e titolare dell’omonima azienda agricola. Sita in agro di Scanzano Jonico (MT), l’azienda si estende su una superficie di circa 30 ettari, adibiti principalmente alla coltivazione di kiwi a polpa verde della varietà Hayward e albicocco.
Le operazioni di raccolta del kiwi volgono al termine: qual è il bilancio dell’annata 2022?
Avviate intorno al 20 ottobre, le operazioni di raccolta non sono ancora concluse. Ma per tirare le somme non occorre attendere: il bilancio complessivo per noi agricoltori quest’anno non è dei migliori. I volumi sono fortemente ridotti e la qualità dei frutti ha subito gli effetti del clima anomalo.
Sin dall’inizio della campagna abbiamo avuto difficoltà a causa del caldo eccessivo e della carenza idrica, con problemi di impollinazione e crescita ottimale del frutto. In più, a fine agosto si è verificata una grandinata che ha colpito le piante, spezzando molti rami e provocando un fenomeno di colatura dei frutti. Aspetto, quest’ultimo, che ne impedisce la commercializzazione all’estero, nonostante la qualità comunque elevata dei frutti.
Anche in termini di volumi la situazione non cambia: quest’anno abbiamo infatti registrato un 50% in meno di produzione.
Nella mia esperienza, un’annata di questo tipo non si era mai verificata: ci ha sorpresi tutti, ma stiamo cercando di difenderci nel migliore dei modi. In ogni caso, i risultati si vedranno fra due-tre mesi.
Parlando di prezzi, invece, come si presenta il quadro della stagione del kiwi 2022?
Quest’anno abbiamo commercializzato poco. Di solito esportiamo il prodotto nei Paesi d’oltremare e commercializziamo in diversi mercati interni italiani, ma quest’anno – a causa dei rincari – abbiamo dovuto ridimensionare le vendite. Inoltre, siamo stati costretti a vendere il prodotto ancor prima dell’avvio della raccolta, in modo da limitare il più possibile la permanenza dei frutti nelle celle che avrebbe determinato spese notevoli. Una scelta, che se quindi da un lato ci ha tutelato, dall’altro ha precluso ogni possibilità di trattativa nelle fasi successive, dove magari avremmo potuto spuntare un prezzo migliore.
Ad ogni modo, in termini di prezzi la risposta è stata poco soddisfacente.
In questo caso, un fattore incisivo si può individuare nella concorrenza con il kiwi greco. Da ormai alcuni anni, la Grecia ci dà sempre più filo da torcere e molti commercianti preferiscono comprare prodotto greco a prezzi inferiori, rinunciando al kiwi italiano, nonostante la qualità sia migliore sotto tanti aspetti. Non a caso, prima di iniziare la commercializzazione del nostro prodotto, dobbiamo attendere che si chiuda la parentesi greca. Quindi, almeno per quel che ci riguarda, ci affacceremo sul mercato verso febbraio-marzo.
Infine, va detto che anche la Grande Distribuzione ha una parte di responsabilità in questo contesto. Quest’anno, infatti, il prezzo da conferire al produttore – stabilito da chi commercializza volumi importanti – sembra definito di comune accordo. Senza però considerare tutte quelle spese che gli agricoltori hanno dovuto affrontare in una situazione tanto instabile come quella attuale. Resta di fatto che, ad oggi, con prezzi corrisposti così irrisori non si riescono nemmeno a pagare le spese della campagna precedente.
Dopo tutte queste difficoltà, qual è allora l’augurio che si sente di fare?
Gestire una coltura come il kiwi non è semplice: ogni anno ci sono pro e contro. Senza dubbio, però, una migliore strutturazione del mercato potrebbe aiutare le aziende. Perché, a fronte di una qualità superiore, il prodotto italiano non può continuare a essere penalizzato con prezzi irrisori corrisposti al produttore che, alla luce delle spese cui è chiamato a far fronte, si ritrova in tasca minimi guadagni.
D’altra parte, il discorso non vale solo per il kiwi. Chi di dovere, dovrebbe tener conto che oggi un imprenditore agricolo si ritrova a dover fronteggiare aumenti su ogni fronte: dalla concimazione alla fertirrigazione, dai costi per la corrente a quelli di lavorazione. Il tutto per poi portare sul mercato un prodotto di qualità. Ma se quando arriva il momento di tirare le somme alla qualità non corrisponde un prezzo adeguato, il rischio è di ritrovarsi in serie difficoltà.
La speranza? Che presto le cose cambino e che il prodotto italiano abbia il valore che merita.
Ilaria De Marinis
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