Foggia, tangenti e documenti falsi per far ottenere i fondi del Psr: arrestati un funzionario regionale, quattro imprenditori e un agronomo.
Avrebbe intascato da tecnici e imprenditori agricoli del Foggiano denaro – il 3% per ogni pratica o somme concordate dai 500 ai 30mila euro – per agevolarli nell’ottenimento dei fondi del Psr, il Programma di Sviluppo Rurale della Regione Puglia, falsificando la documentazione sulla sussistenza dei requisiti per accedere ai finanziamenti.
I sei arrestati e gli indagati
Con questa accusa il 63enne Lorenzo Mazzini, funzionario regionale del dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale e Ambientale, sezione coordinamento dei servizi territoriali di Foggia, è finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta ‘Radici’ della Procura di Bari.
Altri cinque sono finiti agli arresti domiciliari: si tratta di Matteo Fasanella (rappresentante legale del consorzio Biase-Fasanella), di Nunzio Nargiso di Apricena (rappresentante legale della società Agri Verde), degli imprenditori agricolo-forestale Nicola Biscotti di Peschici e Francesco Nasuni di Vieste. Ai domiciliari è finito anche l’agronomo Antonio Simone di Vico del Gargano.
Sono indagati a vario titolo per i reati di tentata concussione, corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, falsità ideologica del pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche commessi dal 2012 al 2020.
Ventuno le persone indagate: tre pubblici ufficiali tra funzionari e dirigenti della Regione Puglia, dieci imprenditori operanti nel settore agricolo-forestale in provincia di Foggia e otto consulenti agronomi.
Rispondono di responsabilità amministrativa dell’ente quattro imprese in relazione al reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche commesso dai rispettivi rappresentanti legali nel loro interesse e a loro vantaggio.
La denuncia di un libero professionista
Il procedimento penale è stato avviato a seguito della denuncia sporta nel febbraio 2020, presso un reparto della guardia di finanza, da un libero professionista, che segnalava che nell’ambito dell’esecuzione dell’incarico di progettazione e direzione lavori conferitogli da un’azienda agricola con sede in provincia di Foggia, aveva ricevuto da un funzionario della Regione Puglia, in servizio nel capoluogo dauno, una richiesta di denaro per la risoluzione di “problematiche” inerenti alla consegna della documentazione oltre i termini previsti dal bando relativo al Programma di Sviluppo Rurale.
L’avvio dell’operazione Radici
All’indomani della denuncia sono stati avviati i necessari approfondimenti investigativi da parte del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo P.E.F. Bari – coordinati dalla locale Procura della Repubblica – eseguiti mediante intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, escussione di persone informate sui fatti, servizi dinamici d’osservazione e pedinamento, perquisizioni e analisi della documentazione sequestrata, nonché approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette inoltrate dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e indagini finanziarie.
Le complesse indagini hanno consentito di disvelare l’esistenza di un comitato d’affari composto da funzionari della Regione Puglia, imprenditori agricoli e consulenti agronomi di loro fiducia operanti in Capitanata nel settore della silvicoltura, che aveva come obiettivo l’illecito conseguimento degli aiuti economici erogati dall’Unione Europea, dallo Stato Italiano e dalla Regione Puglia, per gli interventi forestali inseriti nel Programma di Sviluppo Rurale finanziato mediante il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (F.E.A.S.R.).
Come funzionava il sistema ‘tangenti’
Lo schema criminoso ricostruito dalle Fiamme Gialle baresi era basato su una sorta di “trittico” – corruzione, falso per induzione e truffa aggravata – in quanto il patto corruttivo stipulato “a monte” tra i pubblici ufficiali infedeli e gli imprenditori e/o i rispettivi consulenti generava e alimentava le altre condotte delittuose di falso e truffa connesse e funzionali all’illegittimo conseguimento dei finanziamenti pubblici.
Ciò secondo un preciso e collaudato modus operandi: una volta raggiunta l’intesa corruttiva e in forza della stessa, si predisponevano di concerto i “documenti necessari e prescritti” dalla normativa di settore in modo da creare un’apparente ricorrenza delle condizioni legittimanti l’ammissione ai finanziamenti pubblici e, per tale artificiosa via, si induceva in errore l’ente pubblico erogatore, ovvero l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura Agea.
Gli atti finali emessi dall’ente – che attestavano l’esistenza dei requisiti e delle condizioni prescritte per avere accesso alle erogazioni pubbliche – erano, quindi, falsi indotti dall’erronea rappresentazione artificiosamente posta in essere dai privati (imprenditori e consulenti) di concerto con i pubblici ufficiali “istruttori”.
In particolare, come accertato nel corso delle attività investigative, l’illecito “sistema” consentiva ai richiedenti l’aiuto di incrementare il punteggio loro assegnato in sede di presentazione della domanda di sostegno (“DdS”) attraverso un meccanismo truffaldino, articolato in false attestazioni e altri artifici, volto ad alterare l’esito dell’istruttoria finalizzata alla formazione delle graduatorie di ammissibilità ai finanziamenti.
Una volta ottenuta la concessione dell’aiuto, il “sistema” prevedeva, generalmente, che il funzionario regionale operante a Bari informava il proprio collaboratore dislocato a Foggia, tramite messaggi inviati con l’applicazione informatica “WhatsApp”, delle liquidazioni degli aiuti deliberati dalla Regione Puglia in favore delle ditte “favorite” di loro interesse; il funzionario regionale di Foggia, ricevuto il messaggio, si incaricava di contattare telefonicamente i beneficiari dell’aiuto, chiedendo loro un incontro finalizzato alla riscossione delle indebite somme di denaro precedentemente pattuite; dopo aver riscosso l’illecito compenso lo stesso funzionario dauno si recava a Bari dove consegnava una parte del denaro al collega (attualmente in quiescenza).
In tale contesto è stata accertata la dazione/promessa di “tangenti” per un importo complessivo di circa 110mila euro in relazione all’illecito accoglimento di 26 istanze di finanziamento presentate dagli imprenditori indagati che, così, hanno indebitamente percepito aiuti economici per oltre 2,7 milioni di euro, tra l’altro, in parte distratti dai conti correnti aziendali e utilizzati per scopi meramente personali.
In alcune occasioni il funzionario dislocato a Foggia – nell’istruire le pratiche di finanziamento – ometteva di rilevare delle criticità che, qualora debitamente evidenziate, avrebbero comportato l’inammissibilità della domanda di aiuto.
Inoltre, le indagini hanno fatto emergere – all’interno di questo “sistema” consolidato – una pluralità di condotte fraudolente consistenti in utilizzo di fatture soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti; presentazione di altrettante fasulle “dichiarazioni liberatorie” attestanti l’avvenuto pagamento delle fatture; utilizzo delle provviste finanziarie giacenti su diversi conti correnti bancari gestiti da un unico soggetto il quale, per simulare l’avvenuto pagamento delle false fatture, ricorreva a delle “partite di giro” da un conto corrente all’altro.
Nel presente procedimento è indagato a piede libero per le ipotesi delittuose di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale e favoreggiamento personale, un dirigente della Regione Puglia in servizio presso il dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale ed Ambientale e superiore gerarchico dei funzionari regionali, il quale – dopo avere ricevuto da un tecnico agronomo precise informazioni in ordine alla commissione di fatti reato posti in essere dai due funzionari (che avrebbero formulato “richieste estorsive” in relazione all’istruttoria delle domande di partecipazione ai bandi regionali riguardanti il P.S.R.) – avrebbe omesso di denunciare alle competenti autorità e avrebbe rivelato tale riservata notizia ai due pubblici ufficiali così anche aiutandoli a eludere le investigazioni dell’Autorità.
“La presente attività costituisce una chiara testimonianza del costante impegno profuso dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari – in sinergia con la Procura della Repubblica di Bari – nel contrasto dei fenomeni di corruttela e delle frodi a danno degli Enti pubblici, a tutela della legalità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione, nonché dei cittadini e degli imprenditori rispettosi delle “regole”.
Fonte: Foggia Today
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