Quanto costano i terreni agricoli in Italia? E nelle regioni del Sud? Un’analisi realizzata dal Consiglio per la ricerca in agricoltura (Crea) delinea una panoramica sui valori fondiari nel Bel Paese e viene alla luce un divario Nord Sud anche in ambito agricolo.
Divario Nord Sud: stando ai dati del Crea, dopo due anni di lenta crescita, nel 2019 i prezzi della terra in Italia hanno riportato una battuta d’arresto con un calo del -0,4 %, complice la riduzione delle compravendite. Non è stato da meno il 2020 che, anche a causa della pandemia da Covid-19, non ha mostrato margini di miglioramento.
Al contrario, le misure di confinamento, le difficoltà riscontrate nel reperimento della manodopera e il calo della domanda in alcuni settori hanno incrinato ulteriormente le stime per l’anno del Covid.
D’altra parte, possedere un terreno rappresenta ancora una ricchezza, quantomeno se lo si possiede in determinate regioni della Penisola. Scendendo da Nord a Sud, infatti, si riscontrano dinamiche fortemente differenziate. In particolare, se nelle regioni settentrionali le attività di compravendita sono pronte a ripartire dopo il blocco dei mesi precedenti, nel Mezzogiorno è ancora tutto fermo.
Tuttavia, non è possibile analizzare tale divario esclusivamente sulla scorta della frenata dell’ultimo anno. Dai dati Crea, distinti per macro ripartizioni territoriali e relativi agli ultimi vent’anni, si notano infatti crescite a doppia cifra al Nord (+39 % nel Nord-Ovest; +28 % nel Nord-Est) e di appena il 6 % nel Mezzogiorno, escluse le Isole dove la variazione è stata invece negativa (-0,9 %).
Nello specifico, a livello regionale, la crescita più sostenuta si è riscontrata in Liguria, con quasi il 62 % di aumento dal 2000 al 2019. A livelli assoluti, invece, i valori fondiari più elevati restano quelli registrati in Trentino Alto Adige e Veneto. In media, il valore dei terreni nelle colline litoranee del Nord-Ovest supera i 100mila euro a ettaro. Di contro, nelle aree di montagna interna delle isole non si arriva a 6mila. A tal riguardo, significativamente negativi sono i dati riscontrati in Sardegna e Basilicata.
La riduzione dei prezzi medi è addebitabile essenzialmente a quanto avvenuto in due regioni, Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove si sono registrati i ribassi maggiori (rispettivamente -2,8 % e -4,5 %). Segno meno anche in Lombardia, Emilia Romagna e Sardegna, ma con cali solo frazionali. I motivi di questa diminuzione sono da ricercarsi nel progressivo aggiustamento delle quotazioni in Veneto, che detiene il primato dei valori medi regionali assieme al Trentino Alto Adige con oltre 50mila euro a ettaro, nelle continue difficoltà registrate nel comparto dei seminativi a causa della scarsa redditività e nella percezione di una certa saturazione nel comparto vitivinicolo.
In generale, sono le zone di pianura a ottenere i risultati peggiori (in media -1,2 %), mentre le zone collinari e quelle montane hanno riportato qualche modesto aumento. Una tendenza legata al cambiamento dei sussidi europei della Politica agricola comune, con la lenta ma continua riduzione del sostegno alle aziende di pianura e il contestuale progressivo aumento degli aiuti a ettaro per le superfici montane e collinari.
È probabile, secondo gli analisti, che i prezzi scontino anche l’incertezza sul futuro della Pac, attualmente in discussione, divisa tra pressanti richieste per una maggiore sostenibilità e l’ormai strutturale tendenza alla riduzione della spesa agricola complessiva. Un’analisi confermata dalla vivacità del mercato nazionale degli affitti, accompagnata negli ultimi anni da una generale tendenza alla diminuzione della durata dei contratti.
In Europa, il primato è dell’Olanda con una media di 63mila euro a ettaro. Al capo opposto si posiziona la Romania dove un ettaro costa in media meno di 2mila euro.
Ilaria De Marinis
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