La terra ha sete e da Nord a Sud si va verso lo stato d’emergenza per la grave carenza di acqua su tutto il territorio nazionale. Intanto, il governo Draghi appunta un decreto siccità per affrontare l’allarme acqua.
Dalla Lombardia alla Sicilia, dal Piemonte al Molise, dal Veneto al Lazio, dalla Toscana alla Puglia: la siccità non dà tregua a campi e raccolti del Belpaese, dove – alle gravi carenze strutturali – si aggiungono ora, sempre più pressanti, le conseguenze del cambiamento climatico.
E così, se da un lato le Regioni sono pronte a chiedere lo stato d’emergenza e decretano quello di calamità, il governo Draghi si prepara ad affrontare l’emergenza con un decreto siccità.
Questa mattina, a Palazzo Chigi, c’è stato il primo confronto tra i tecnici dei ministeri. A questo seguirà nei prossimi giorni un aggiornamento a livello politico, come assicurato dal ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli. Del tema, però, si parlerà già domani in occasione della Conferenza Stato-Regioni.
Atteso per la fine di giugno, sarà comunque il decreto siccità del governo Draghi a stabilire le prime misure per la riduzione degli sprechi. Tra queste, il razionamento dell’acqua che potrebbe portare anche a uno stop alla distribuzione durante la notte.
D’altra parte, in alcuni territori si sta già procedendo con accordi con le aziende energetiche per l’aumento dell’uso delle acque lacustri a scopi umani o agricoli.
In ogni caso, saranno le Regioni ad avere l’ultima parola. Come sottolineato dal Corriere della Sera, spetterà a loro infatti decidere le ordinanze e, in coordinamento con la protezione civile, le misure da attuare per affrontare l’emergenza. I governatori – fa sapere il quotidiano – sono pronti a chiedere lo stato di emergenza con la limitazione dell’acqua solo per uso umano e agricolo. Lo stato d’emergenza verrà dunque concesso, ma non servirà per gli interventi strutturali.
Diversamente, farà arrivare più rapidamente i ristori alle aziende agricole che rischiano di perdere una parte cospicua del raccolto e a mettere a disposizione le risorse necessarie per far intervenire le autobotti, laddove si dovessero seccare i rubinetti.
Sempre dalle Regioni arriverà poi la richiesta della messa a disposizione dei fondi del Pnrr per la realizzazione di nuovi invasi. Sul tavolo anche l’ipotesi di un prelievo sempre più massiccio dai laghi, ma sarà necessario un accordo politico e un’intesa con i gestori degli invasi idroelettrici, che preveda possibilmente anche per loro i ristori.
Per il momento, a Frosinone e a Latina sono già stati avviati i razionamenti per i terreni agricoli, con la sospensione dell’erogazione dell’acqua tutti i giorni, dalle 12 alle 18. Intanto in tutta Italia da diverse settimane le temperature sono sopra la media e, al Nord, l’Autorità di bacino del Po ha già dichiarato, in proprio, l’allarme rosso. La situazione del fiume più lungo di Italia è infatti allo stato di emergenza più grave: si parla della peggiore secca del Po degli ultimi 70 anni. “Giunti a questi livelli – fa sapere il segretario dell’Autorità di bacino, Meuccio Berselli – ogni decisione porta con sé margini di criticità, ma il traguardo è minimizzare il danno quanto più possibile in attesa di potenziali integrazioni amministrative dei territori e organi di governo”.
Ad oggi, dunque, lo scenario appare drammatico, con un calo della produzione agricola stimato del 30% per il solo 2022 e un danno pari a 70 milioni di euro per l’intero comparto, secondo i dati Coldiretti.
E come se non bastasse, il settore vive ora un paradosso idrico: ai fenomeni siccitosi, con impatti profondi sulla fertilità dei terreni, si uniscono fenomeni avversi e piogge torrenziali che, per quanto violenti, non riescono a sopperire alla grave carenza di acqua in cui versa il Paese.
Insomma, fatta eccezione per soluzioni tampone o poco proficue, l’unica soluzione davvero efficace e immediata sarebbe la pioggia. Pioggia che, però, stando alle previsioni, non è previsto arrivi a breve e anzi – per i prossimi giorni – sarà sostituita nuovamente dal grande e ormai sempre più temuto caldo.
Ilaria De Marinis
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