Le coltivazioni redditizie di frutta a guscio aumentano in Italia, il Paese con le caratteristiche pedoclimatiche adatte, per soddisfare i crescenti consumi mondiali.
Nocciole, mandorle, noci, pinoli e pistacchi sono coltivazioni redditizie da sempre fiore all’occhiello dell’agricoltura italiana. Con produzioni di eccellenze uniche al mondo, l’agricoltura italiana potrebbe cogliere l’opportunità offerta dai nuovi trend di mercato, con potenziali di crescita assai significativi.
D’altra parte, per vincere le nuove sfide del settore bisognerà innovare e andare incontro alle nuove strategie agronomiche, facendo sistema. Anche tenendo conto della concorrenza sempre più estesa e agguerrita del mercato.
A confermarlo, lo studio elaborato da Besana – gruppo internazionale specializzato in frutta secca – presentato durante il Meeting Ortofrutta Italia-Germania, organizzato da Fruchthandel Magazine. Durante l’intervento del CEO dell’azienda di commercializzazione, Riccardo Calcagni, sono stati inoltre forniti alcuni dati relativi agli attuali consumi di frutta a guscio. A livello mondiale, i consumi hanno abbondantemente superato i due milioni di tonnellate, essi sono così suddivisi: Europa (26%), seguita da Nord America (23%) e Asia (20%).
Per quanto riguarda la produzione di nocciole, l’Italia conserva ancora saldamente il secondo posto a livello mondiale, con una produzione che nell’ultima annata è quasi raddoppiata rispetto a quella precedente, che oggi si attesta su 165.000 tonnellate.
Primo produttore rimane la Turchia con 710.000 tonnellate, mentre al terzo gradino del podio ci sono gli Stati Uniti (63.800 tonnellate), incalzati dalla Georgia (61.000 tonnellate). A livello di ettari coltivati a nocciolo, del resto, attualmente il Belpaese è ai massimi storici (fonte: FAO): dai 52.600 ettari di inizio anni sessanta, oggi le superfici coltivate contano oltre 79.000 ettari. All’interno di queste, si annoverano anche tre produzioni di qualità: la Tonda Gentile, che in Piemonte è spesso certificata Nocciola Piemonte IGP, la Tonda di Giffoni IGP e la Tonda Gentile Romana DOP.

Impianto di un noccioleto.
Per quanto riguarda le mandorle, invece, l’Italia occupa il nono posto a livello mondiale, con una produzione di 10.000 tonnellate.
La classifica vede saldamente al primo posto gli Stati Uniti, con oltre 1,3 milioni di tonnellate di produzione, seguiti a lunga distanza da Spagna e Australia (fonte: Almon Board of California). In questo caso, per quanto riguarda la produzione di mandorle italiane, negli ultimi sessant’anni si è assistito a un netto decremento degli ettari allevati, che dai 316.000 di inizio anni Sessanta sono arrivati ai 54.441 di oggi, con una tendenza alla costanza per le superfici che perdura da quasi un decennio. La mandorlicoltura ha in Italia grandi potenzialità, dunque, anche perché non mancano varietà di alta qualità (Tuono, Filippo CEO, Pizzuta D’Avola, Prima Bari, etc.).
L’Italia è poi fuori dalla top ten nella classifica dei produttori di noci, dove a fare da padrone ci sono la Cina (oltre 1 milione di tonnellate) e gli Stati Uniti (oltre 707 milioni di tonnellate) – Fonte: INC.
In questo caso, il Belpaese si attesta poco sotto le 20.000 tonnellate, comunque in leggera crescita a livello tendenziale. Dopo gli oltre 33.000 ettari di noceti presenti in Italia a inizio anni Sessanta, questa coltura ha toccato il suo minimo storico a inizio degli anni Duemila, per poi iniziare una lenta ripresa fino ai 4.670 ettari attuali (fonte: FAO).
Già solo osservando questi dati, come sottolineato da Calcagni, sono evidenti le potenzialità ancora inespresse del Bel Paese nell’ambito della frutta a guscio. Un settore che, dopo un lungo periodo di oscurantismo, offre ancora inediti sviluppi e nuove prospettive. Cavalcando l’onda del “nuovo Rinascimento” del settore – com’è stato ribattezzato – il comparto potrebbe trainare la realtà agricola italiana verso una grande ascesa. Anche approfittando della riscoperta dei benefici in termini di salute e fonti di energia che proprio il consumo di questi frutti garantisce.
Tuttavia, come ribadito nel corso dell’evento, restano sul tavolo due grandi problemi da risolvere, strettamente correlati tra loro, riguardanti l’ambito produttivo.
Da un lato, infatti, l’Italia spesso paga lo scotto di sistemi di produzione talvolta arretrati, a partire dalle stesse tecnologie impiegate e da una difficoltà a fare investimenti ad hoc. Dall’altro, sussistono ancora alcuni ostacoli da superare per chi vuole investire nella moderna agricoltura: la ridotta estensione di tanti appezzamenti, per esempio, il costo del terreno agricolo e la capacità di cooperare per fare sistema, ancora poco sviluppata soprattutto nelle zone di coltivazione della frutta secca del Centro e Sud Italia.
Complessivamente, questi dati sembrano chiaramente lanciare un nuovo stimolo a tutto il comparto della frutta a guscio. Stimolo che, se sapientemente accolto, potrebbe così contribuire alla costruzione di una realtà consolidata all’interno del settore agricolo italiano.
Ilaria De Marinis
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