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Olivo e olio

Antracnosi dell’olivo in Sicilia: quali nuovi ceppi?

Da sempre presente sull'Isola, la malattia rischia di diffondersi ulteriormente a causa di nuove pratiche agronomiche

da Silvia Seripierri 28 Giugno 2022
28 Giugno 2022
antracnosi dell'olivo Sicilia
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L’antracnosi dell’olivo è da sempre presente in Sicilia, ma in maniera circoscritta e sporadica senza causare grossi problemi nei tradizionali impianti di olivo.

Il verificarsi di particolari condizioni agronomiche e climatiche, tipiche della regione Sicilia, e l’utilizzo di cultivar naturalmente resistenti non favoriscono lo sviluppo di epidemie del patogeno Colletotrichum, agente di antracnosi dell’olivo.

Tuttavia, l’introduzione di nuove pratiche agronomiche, quali la realizzazione di impianti ad alta densità, l’utilizzo di varietà non locali e l’impiego di nuovi sistemi di irrigazione, aumentano il rischio di diffusione dell’antracnosi dell’olivo sull’Isola.

L’Italia è seconda alla Spagna per produzione di olio di oliva, registrando una media di 400.000 tonnellate annue (Istat, 2021).

La regione Sicilia produce circa il 20% del rendimento in olio italiano e antica è la storia di Olea europaea subsp. europaea anche in questa regione. Qui l’olivo è coltivato sin dall’antichità e ha dato modo alle interazioni tra cultivar di verificarsi e accumularsi nel tempo. Anche il rilievo di patogeni di interesse risale a tempi non recenti. Tra questi, il rilievo nel 1954 della presenza di Colletotrichum gloeosporioides, agente di antracnosi su olivo.

Oggi, il quadro generale della presenza di antracnosi in Sicilia è piuttosto inconsistente e poco chiaro, soprattutto perché è sconosciuta la suscettibilità delle varietà locali al fungo agente di malattia.

Stando al parere degli esperti, si prevede un aumento del rischio di antracnosi, in quanto i nuovi impianti di olivo ospitano cultivar sensibili, come per esempio l’Arbequina, e sempre più frequente è il ricorso a pratiche agronomiche intensive.

Il principale motivo della preoccupazione risiede nel fatto che le diverse specie del fungo Colletotrichum sono tra gli agenti di malattia più dannosi a carico dei frutti di olivo.

Questi patogeni causano marciume e caduta delle drupe mature, clorosi e necrosi fogliare e deperimento dei rami. L’olio estratto dalle olive infestate da Colletotrichum, poi, presenta sapori sgradevoli per l’elevata acidità. Un problema che assume maggiore rilevanza se si considera che in Sicilia si producono oli di qualità, con 8 Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e 28 Indicazioni Geografiche Protette (IGP).

Di qui, lo studio condotto da un team di esperti guidato dalla ricercatrice del CREA di Acireale, Grazia Licciardello volto a  identificare le principali specie di Colletotrichum agenti di antracnosi in Sicilia.

Scopo del lavoro di ricerca è valutare la suscettibilità di 11 cultivar di olivo tradizionali siciliane che crescono presso il Campo di germoplasma internazionale di olivo di Villa Zagaria, in provincia di Enna, e che sono note per la produzione di oli di qualità. Gli studi sulla morfologia della colonia di Colletotrichum, sulle caratteristiche del conidio e l’analisi delle sequenze hanno consentito l’identificazione di tre specie, ovvero C. acutatum, rilevato sul 70% delle olive sintomatiche, C. gloeosporioides a C. cigarro.

Si sono inoltre rilevate differenze sia in termini di diverso grado di virulenza tra i ceppi, sia in termini di loro patogenicità sulle cultivar: gli isolati di C. acutatum sono più virulenti di quelli di C. gloeosporioides e C. cigarro, così come le cultivar siciliane di olivo Cavaliera, Carolea, Calatina e Nocellara del Belice sono più suscettibili al patogeno. Al contrario, le cultivar Biancolilla e Nocellara Etnea sono più tolleranti.

Lo studio si è concluso, dunque, registrando la prima segnalazione di C. acutatum e C. cigarro su olivo in Sicilia.

Una conclusione che invita così a riporre maggiore attenzione alla realizzazione di nuovi impianti ad alta densità e di impianti con cultivar sensibili al patogeno.

Infine, si ricorda che il verificarsi dei cambiamenti climatici e il possibile adattamento di Colletotrichum a nuovi ospiti potrebbero favorire la malattia. Ulteriori indagini sono dunque necessarie per valutare le cultivar in campo e per determinare come queste interagiscono con i diversi isolati.

 

Silvia Seripierri
© fruitjournal.com

 
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