Sono diverse le operazioni colturali che si rendono necessarie nella gestione di un vigneto, a tal proposito, la potatura rientra tra le principali e riveste un ruolo fondamentale per garantire la salute e la produttività delle viti. Tuttavia, è importante saper gestire in modo corretto questa operazione, sin dal momento in cui si effettuano i tagli. Dopo averla portata a termine sorge un’altra questione importante: come gestire i residui di potatura? Come spesso accade la ricerca e l’innovazione mettono a disposizione le soluzioni più avvincenti e soprattutto in linea con le esigenze dei tempi moderni.
I metodi tradizionali classificano i residui di potatura come rifiuti
Un tempo i residui della potatura rappresentavano una preziosa risorsa da utilizzare come combustibile, ma con il progredire dell’innovazione tecnologica, nell’agricoltura moderna, tali materiali rappresentano spesso un rifiuto che, come tale deve essere smaltito a fronte di manodopera e costi che gravano sulla gestione del vigneto. Tra i metodi utilizzati per lo smaltimento, la bruciatura dei sarmenti direttamente in campo rappresenta quello più utilizzato dai viticoltori, a fronte però di uno spreco di energia non utilizzata e soprattutto di un notevole impatto ambientale che, in alcuni casi ha portato al divieto di questa pratica.
Una valida alternativa alla bruciatura in campo può essere quella della trinciatura e interramento dei residui di potatura. Il lato positivo di questa pratica è quello di contribuire al miglioramento della sostanza organica del suolo e alla restituzione di elementi nutritivi al suolo. Questa soluzione può essere presa in considerazione se in vigneto non ci sono piante affette da patologie, che altrimenti verrebbero diffuse con più rapidità anche tra le piante non infette. Di contro, però, questa operazione comporta comunque dei costi netti sia in termini di lavoro che in termini di consumo carburante.
Da rifiuti a risorsa
Le potature di vite rappresentano una delle principali fonti di rifiuti delle colture agricole a livello globale, con circa 42 milioni di tonnellate smaltite ogni anno. Trovare soluzioni sostenibili sia da un punto di vista ambientale che economico per riutilizzarli è fondamentale, anche nell’ottica di un futuro in cui si prevede una bassa disponibilità di risorse. Oltre al solare e all’eolico, le fonti di energia rinnovabile al momento più interessanti sono rappresentate dalle filiere basate sulla valorizzazione degli scarti e dei rifiuti, che quindi non devono più essere considerati come tali, ma veri e propri sottoprodotti o risorse. Tra i vari tipi di biomassa ligno-cellulosica di origine agricola, si collocano in prima fila i residui di potatura – tra cui quelli delle viti – che negli ultimi tempi stanno riscontrando un notevole interesse.
Da qualche anno, i sarmenti lasciati lungo i filari possono essere valorizzati attraverso la loro raccolta e successivo conferimento alle aziende specializzate che, attraverso un processo di trasformazione possono dare origine a pellet o cippati da impiegare per la produzione di energia rinnovabile, termica o elettrica.
In uno studio effettuato in Portogallo, un gruppo di ricercatori dell’Istituto politecnico di Viana do Castelo, ha valutato la composizione chimica del legno dei sarmenti ottenuti dalla potatura di un vigneto sperimentale, correlandola alla qualità del pellet che ne potrebbe derivare. Da un punto di vista chimico, il legno dei residui di potatura della vite, possiede ottime caratteristiche per la produzione di pellet di qualità, ad eccezione di 2 parametri: le ceneri e il contenuto di rame che sono presenti in quantità superiori rispetto ai limiti ammessi. Per tale ragione i residui di potatura non possono essere usati per produrre un pellet di legno di vite al 100%, ma se utilizzati in miscela con legni di altre specie possono dare ottimi risultati. Usando in miscela il legno di vite al 10 o al 25% è stato dimostrato che è possibile ottenere un pellet rispettivamente di prima o seconda qualità.
Ma i progetti di ricerca per l’ottenimento di soluzioni sostenibili alternative non terminano qui: sono state verificate applicazioni dei residui di potatura anche nel settore edile.
Alcuni ricercatori dell’università di Melbourne, in Australia hanno sperimentato l’utilizzo del legno di vite nella realizzazione di pannelli edili truciolari. I residui di potatura della vite sono stati sminuzzati in trucioli e mescolati con altri pezzettini di legno tenero e resina. Tramite la sperimentazione è stato constatato che per ottenere pannelli con ottimi standard di resistenza e durabilità, all’interno dei pannelli la percentuale del legno di vite deve rappresentare una percentuale del 10%. Anche se questa percentuale rappresenta la sostituzione di una piccola quantità di cippato tenero, la scala di produzione di pannelli truciolari a livello globale si traduce in una minore richiesta di legno tenero per le industrie produttrici di pannelli truciolari, valorizzando allo stesso tempo i residui di potatura della vite.
Questi esperimenti sono solo alcuni degli esempi più interessanti che portano gli scarti di potatura della vite a diventare una risorsa interessante, sia per le aziende che risparmiano i costi di smaltimento, sia per l’ambiente con minori emissioni di CO₂ e con una riduzione dell’uso delle risorse forestali. Di contro, restano da risolvere i problemi legati alla logistica della raccolta e del conferimento alle aziende di trasformazione. Creare un interesse economico da parte dei centri di trasformazione è il pretesto per creare una vera e propria filiera funzionante e sostenibile.
Donato Liberto
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